Anna Maria Coclite

Professore Ordinario al Dipartimento di Fisica dell’Università di Bari

03/06/2024

Anna Maria, si è laureata in Chimica con 110 e lode all’Università di Bari, poi ha aggiunto un PhD in Chemical Science, com’è giunta a questa scelta? E’ sempre stata portata per le materie STEM fin da piccola?

Assolutamente si: a scuola trovavo più facile fare gli esercizi delle materie scientifiche invece che i temi… i miei genitori sono entrambi matematici e quindi possiamo dire che ho le materie STEM nei geni. Cosa poi mi abbia portato alla chimica nello specifico sono state le insegnati del Liceo.

Dopo la laurea il suo percorso l’ha portata in qualità di visiting student al prestigioso MIT, dove è poi ritornata con un post-doc, fino al 2013. In seguito si è trasferita in Austria dove è rimasta 10 anni alla Graz University of Technology, vincendo un Marie Curie fellowship da €170 mila euro, ed anche un importante Erc Starting Grant da €1,5 milioni, grazie ai quali ha sviluppato i suoi sensori sensibili a umidità, temperatura e forza, con una risoluzione più elevata rispetto a quella della pelle umana. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Advanced Materials Technologies, tra i migliori articoli del 2022. Nel pieno del suo successo, quest’anno ha scelto di rientrare a Bari nella sua Università e noi siamo davvero orgogliose di riaverla in Italia con noi! Ci può raccontare il suo percorso? Le motivazioni che hanno guidato le sue scelte?

Sono andata via da Bari nel 2010 perché avevo avuto un’occasione irrinunciabile: quella di fare un post-doc al MIT. Conoscevo già il gruppo di ricerca della Prof.ssa Karen Gleason e ho voluto tornarci perché sapevo che sarebbe stata un’esperienza molto fruttuosa. Mi piaceva soprattutto il concetto degli shared labs: laboratori con tanti strumenti condivisi da più dipartimenti a cui i ricercatori hanno accesso a prescindere dal gruppo di ricerca di appartenenza. Questo mi dette la possibilità di imparare tante tecniche che mi sono state utili per le ricerche che stavo conducendo lì e per quelle che avrei supervisionato negli anni successivi.
Finito il post-doc, nell’ottica di riavvicinarmi, partecipai a diverse call per tenure-track in Europa. Alla TU Graz assieme a una posizione da ricercatrice a tempo determinato mi offrirono dei fondi con cui potermi costruire il mio laboratorio, per cui decisi di cominciare un nuovo capitolo in Austria. Vinto l’ERC, nel 2016, in parecchi mi dissero che sarebbe stato un buon catalizzatore per il mio ritorno. Così è stato anche se ci sono voluti poi ancora altri anni prima che si realizzassero tutte le condizioni al contorno: volevo tornare alla base ma senza sacrificare la mia carriera. Al Dipartimento di Fisica ho trovato sia una grande disponibilità da parte del direttore Roberto Bellotti, sia l’ambiente ideale per continuare la mia ricerca sui sensori, visto che anche altri gruppi di ricerca lavorano in questo ambito e infatti il progetto con il quale il Dipartimento è stato nominato eccellente riguarda proprio sensori per il one-health.

Ha qualche progetto per il futuro? Un sogno nel cassetto?

Quello di mettere le mie esperienze a servizio del territorio con la creazione di un nuovo gruppo di ricerca e magari anche aprire una start-up con cui commercializzare i sensori che abbiamo sviluppato.

Nella sua esperienza di studio e di lavoro, le è mai capitato di imbattersi in qualcuno dei tanti stereotipi che nel nostro Paese ancora rappresentano un ostacolo per le ragazze che si avvicinano agli studi STEM o che impediscono alle giovani donne di fare carriera in queste professioni? Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?

Non tanto nella fase in cui mi avvicinavo agli studi STEM, quanto più durante il dottorato. Non tutti sanno cosa sia e per alcuni gli anni del dottorato sono anni in cui “sarebbe meglio cercarsi un vero lavoro”. La carriera universitaria, poi, “non è fatta per le donne che vogliono una famiglia”, etc… La mia fortuna è sempre stata quella di avere una famiglia alle spalle che invece mi ha sempre aiutato nelle mie scelte. Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose? Sicuramente mostrare già nelle scuole che fare carriera nelle materie STEM è possibile per tutti, anche per le donne.

C’è qualche consiglio che si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

Non c’è strada che si intraprenda che non abbia le sue difficoltà, se c’è passione, però, se piace quel che si fa, le difficoltà diventano delle sfide che si affrontano con meno pesantezza. Quindi se vi piacciono le materie STEM, senza esitazione tuffatecivi dentro!