Antonella Senese

Ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano. Si occupa di climate change. Le sue ricerche riguardano i ghiacciai, la criosfera e l’impatto del cambiamento climatico su ambienti d’alta quota.

Dottoressa, oltre ad insegnare “Climatologia” alla Statale, si occupa di climate change. I suoi studi, condotti anche in aree remote delle Alpi italiane, sono stati pubblicati da riviste scientifiche internazionali, come The Cryosphere. Ci può raccontare in poche parole in cosa consiste il suo lavoro?

La mia attività di ricerca si focalizza sullo studio dei ghiacciai alpini ed extra-alpini e di come questi stiano rispondendo ai cambiamenti climatici. Grazie all'applicazione di modelli fisico-matematici e di tecniche di telerilevamento, è possibile stimare l’evoluzione areale e volumetrica dei ghiacciai (che si traduce ormai sempre in una riduzione di questi due parametri) e quantificare, anche a scala oraria, l’acqua rilasciata dai ghiacciai per la fusione di neve e/o ghiaccio. Queste informazioni sono cruciali specialmente in quelle aree del nostro pianeta come il Pakistan dove le precipitazioni sono scarse o concentrate in brevi periodi e quindi i corsi d’acqua sono alimentati principalmente dalla fusione di neve e ghiaccio. Conoscere quindi lo stato attuale della criosfera e prevederne l’evoluzione nel tempo risulta indispensabile per una corretta gestione della risorsa acqua specialmente in questi decenni di cambiamenti delle condizioni climatiche. Parallelamente svolgo attività didattica seguendo dottorandi e tesisti di lauree triennali e magistrali dell’Università degli Studi di Milano e del Politecnico di Milano. Infine nel contesto universitario le attività svolte non devono riguardare solo la ricerca e la didattica, ma anche quella che oggi viene chiamata Terza Missione, ovvero la propensione delle strutture universitarie all'apertura verso il contesto socioeconomico. Per questo motivo, collaboro con aziende per promuovere uno sviluppo sostenibile favorendo una responsabilità condivisa nei confronti dell’ambiente, e gestisco laboratori didattici destinati anche ai più piccoli.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? E’ sempre stata portata per le materie STEM?

Sin da piccola ho avuto un’attitudine maggiore verso la matematica e le scienze, sviluppando sempre più un’attenzione particolare per la natura. Crescendo ho maturato inconsciamente il metodo scientifico che ho conosciuto poi meglio durante gli studi universitari. Durante l’adolescenza il mio sogno era quello di inseguire gli uragani per il mondo, passione che non ho poi “inseguito” ma il mio lavoro mi ha portato comunque in giro per il mondo a studiare i ghiacciai.

Si è laureata in Scienze Naturalistiche e Ambientali. Cosa l’ha portata a scegliere questo corso di studi? La scuola le ha fornito un orientamento? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Venendo da un liceo scientifico la scelta del percorso universitario mi avrebbe portato certamente verso le materie scientifiche, anche se la decisione finale sul corso di laurea a cui effettivamente iscrivermi è stata un po’ casuale. Ma ho avuto fortuna perché alla triennale seguendo il corso di Climatologia ho scoperto la climatologia alpina e di conseguenza i ghiacciai ed è stato subito amore. Ho continuato infatti con la laurea magistrale e poi con il dottorato di ricerca approfondendo sempre più queste tematiche.
Durante il liceo ho avuto una professoressa di scienze un po’ eccentrica e non amata da tutti, ma che anno dopo anno ha acceso in me l’interesse verso la natura sostituendo la mia passione per la matematica.
E riguardo la mia famiglia sono sicura che qualunque percorso avessi scelto mi avrebbe sostenuta e incoraggiata incondizionatamente.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà?

Forse in passato, ma ormai penso che non ci sia più discriminazione di genere. A volte mi capita di essere l’unica donna presente ad una riunione, mentre in altre occasioni manca completamente invece la componente maschile.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

L’esempio di donne che hanno raggiunto posizioni importanti penso sia di ispirazione per le giovani donne. Ma ormai non credo che ci siano più percorsi di studi o incarichi per “donne” o quelli per “uomini”. Forse perché nella mia scelta non ho mai pensato se potesse essere o meno un ruolo adatto ad una donna. Mi piaceva e ho deciso. Tutti i progetti di orientamento a scuola o le collaborazioni con le università o gli eventi di promozione per le materie STEM aperti ai cittadini e quindi anche ai bambini penso siano tutte occasioni per accrescere indistintamente sia nei bambini che nelle bambine l’attenzione e la passione verso queste bellissime materie.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Seguite sempre i vostri sogni, le vostre passioni e non temete di fallire. Può essere che crescendo cambierete idea scoprendo interessi nuovi, e allora nessun problema, si può sempre cambiare rotta ma l’importante è non farsi mai condizionare dagli altri. Il vantaggio delle materie STEM a mio avviso è proprio quello dell’apertura mentale, se si è una donna o un uomo di scienza non si sarà mai chiusi ma disposti sempre a nuove esperienze e scoperte.