Barbara Caputo

Docente di Ingegneria informatica al Politecnico di Torino

Dirige l’Unità ELLIS (www.ellis.eu) su “Safe and Secure Sensing Machines” (S3M-ELLIS@PoliTo) e l’Hub “AI@PoliTo” che riunisce tutte le migliori energie del Politecnico di Torino sui temi dell’AI moderna, dalla ricerca fondazionale alla sua applicazione in campi dalla manifattura predittiva alla robotica industriale e molti altri. È inoltre Principal Investigator all’Istituto Italiano di Tecnologia.

Ha vinto il prestigioso Starting Grant dell’European Research Council (ERC) per il progetto RoboExNovo Robots learning about objects from externalized knowledge sources. Scopo dello studio è quello di sviluppare la teoria e gli algoritmi necessari ai robot per apprendere direttamente le informazioni da internet ed essere così in grado di compiere le azioni necessarie. Lo Starting Grant è un riconoscimento che premia i nuovi talenti della ricerca mondiale che si impegnano a costruire il loro laboratorio in un paese Europeo.

Insieme a Luisa Torsi dell’Università di Bari, è stata scelta dalla Disney per essere protagonista di una storia su Topolino, dove è diventata Barb Quackut, la “signora che parla ai robot”.

Cosa l’ha portata a laurearsi in Fisica? Di cosa si occupa personalmente?

Sono laureata in Fisica, con indirizzo teorico. Ho capito verso la fine del mio percorso di studi, al momento di scegliere la tesi, che la parte fondazionale della ricerca mi risultava ‘arida’ se non aveva vicino la possibilità in tempi brevi di verificare se i miei modelli fossero corretti o no con degli esperimenti – insomma, ero una ingegnera e non lo sapevo.

Mi occupo di percezione computerizzata, la parte dell’intelligenza artificiale moderna che elabora e modella quello che un sistema intelligente percepisce. Molto spesso queste sono immagini, perché le telecamere sono diffusissime e sono un sensore molto ricco –pensate a quanta informazione c’è in una singola immagine! Però le macchine percepiscono anche con altri sensori come microfoni, radar, sonar e così via. Il mio lavoro è cercare di estrarre senso da tutti questi segnali con algoritmi intelligenti, in grado cioè di imparare dall’esperienza e guidare le azioni di un sistema intelligente sulla base di quello che si è percepito. Proprio come facciamo noi, e come fanno I sistemi biologici intelligenti.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? È sempre stata portata per le materie STEM?

Da piccola non avevo sogni professionali particolari –ero molto concentrata sulla mia vita di bambina, mi aspettavo che per quando il futuro sarebbe arrivato avrei avuto le idee chiare. Ero però molto portata per le materie STEM, pare che a due anni chiedessi il “pane a triangolo” per indicare i tramezzini, e la matematica mi è sempre sembrata più un passatempo che un dovere. Quindi si, ero STEM fin da subito.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Ho avuto insegnanti bravissime che mi hanno formato e stimolato, e che avendo capito che ero portata per queste materie mi mettevano sotto per non farmi adagiare. Ricordo con particolare affetto la mia professoressa di matematica delle scuole medie che non me ne faceva passare neanche una, guai se consegnavo un compito in classe che non fosse perfetto! E spesso mi dava problemi più difficili che al resto della classe. Allora borbottavo, ma le devo molto, così come a tutte le insegnanti STEM che ho avuto.
La mia famiglia mi ha sempre sostenuto al massimo –a dire la verità io ho capito che ci fosse “un problema STEM” per le donne molto tardi proprio perché in casa nessuno mi ha mai fatto sentire le mie inclinazioni come strane o inusuali. I miei genitori hanno capito presto che avevo talento in queste materie e mi hanno assecondato, l’unica cosa che mi è sempre stata chiesta è stato di studiare con serietà.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà? Ricorda un episodio?

La mia storia personale è stata tale che per quando mi sono accorta che c’era un pregiudizio sulle donne in materie STEM avevo già passato i 20 anni e a quel punto, quello che sei sei. I matti erano loro, non ero io. Appena laureata poi mi sono trasferita all’estero, dove ho fatto gran parte della mia carriera (sono rientrata in Italia nel 2013), e ho lavorato sempre in sistemi molto meritocratici senza particolare problemi.

La maternità ha cambiato tutto. Il supporto alle donne che lavorano e hanno figli è minimo, anche in molti paesi europei e c’è un giudizio implicito sull’essere madre e lavorare seriamente. Se lavori molto sei una cattiva mamma; se torni a casa prima perché la bambina sta male non sei più affidabile sul lavoro. Puoi solo sbagliare, qualsiasi scelta farai verrai giudicata negativamente. Non aiuta il fatto che nella maggior parte delle posizioni apicali ci sono uomini, abituati a delegare la cura dei figli: l’aspettativa sul modo di lavorare, sulla gestione del tempo lavorativo è “maschile”

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Visti i risultati direi che c’è ampio margine per migliorare. Credo che iniziative come la vostra, e molte altre (vorrei citare tra tutte l’iniziativa 100 esperte di Fondazione Bracco, www.100esperte.it, e l’iniziativa NERD di IBM, guidata dalla leggendaria Floriana Ferrara) vadano nella direzione giusta. Però c’è bisogno di un cambiamento culturale profondo che ancora non è avvenuto: la generazione di mio padre guardava con sospetto alle donne magistrato o chirurgo, oggi queste scelte professionali vengono considerato normali. Per le materie STEM non è ancora così. In generale, io sono una grande sostenitrice delle quote rosa perché là dove sono state applicate hanno funzionato molto bene, e perché non ho ancora sentito una proposta alternativa che sia concreta e realistica.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Di ricordarsi quello che diceva la mia mamma “il lavoro è fatica, se non ti piace è la galera”. Ma se questo è quello che siete brave a fare, se questo è quello che vi piace, davvero volete condannarvi da sole alla galera?

Repubblica 3 marzo 2020

L’8 marzo delle donne scienziate a fumetti: su Topolino due ricercatrici italiane protagoniste con Paperina

Sul settimanale una storia dedicata alla valorizzazione delle competenze scientifiche femminili con Barbara Caputo e Luisa Torsi. https://milano.repubblica.it/cronaca/2020/03/03/news/8_marzo_festa_donna_topolino_ricercatrici_giulia_fondazione_bracco-250135014/

 

La Stampa 3 marzo 2020

Il Politecnico protagonista in una storia di Topolino: un omaggio alla ricerca torinese

Barbara Caputo, professoressa di Ingegneria informatica, sarà una delle protagoniste della storia “Paperina e la selezione scientifica”

https://www.lastampa.it/torino/2020/03/03/news/il-politecnico-protagonista-in-una-storia-di-topolino-un-omaggio-alla-ricerca-torinese-1.38545245