Bruna Dodic

CdA Arval Srl

Gentile Bruna si è laureata in chimica. Com’è giunta a questa scelta? E’ sempre stata portata per le materie STEM fin da piccola? Cosa sognava di fare “da grande”?

Sono sempre stata portata per la matematica e le materie scientifiche ma confesso che avevo le idee piuttosto confuse sul cosa fare “da grande”.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Sicuramente la scuola di 50 anni fa preparava meglio di quella odierna ma sull’orientamento faceva molto meno di adesso .Ho frequentato il liceo classico per lasciarmi aperte tutte le porte e sono stata a lungo indecisa tra medicina e chimica. È stata poi la bellissima opportunità di frequentare la Scuola Normale Superiore di Pisa (non c’era medicina ma solo scienze pure) ad avermi indirizzato nella scelta finale, con l’idea comunque di fare ricerca in campo medico..

Fino a qualche mese fa era CEO dei Laboratoires Biologiques Arval SA e oggi è nel CDA dell’azienda. Ci può descrivere il suo percorso professionale?

Dopo il conseguimento della laurea ho iniziato il percorso di dottorato presso la Scuola Normale senza rinunciare comunque a guardare all’industria che reclutava a Pisa, quando, in una domenica piovosa, mi sono lasciata attrarre da un annuncio della P&G per una posizione di ricercatrice presso il loro European Technical Center di Bruxelles. Risposi più per testare il livello di antifemminismo in Europa che per una vera intenzione di prenderlo in considerazione.
Invece fui scelta, accettai la proposta e mi trasferii a Bruxelles. È stata sicuramente la decisione più dirimente per la mia carriera, un ribaltamento totale (decisione molto difficile) rispetto ai miei progetti iniziali di carriera universitaria. Il mondo aziendale all’inizio fu per me un vero shock culturale ma seppi coglierne gli aspetti positivi. Una scelta che non rimpiango in alcun modo. Dopo alcuni anni di R&D (era il 1975 ed eravamo solo 3 donne su un centinaio di ricercatori !) approfondii la conoscenza di una nuova disciplina che si stava affermando in Europa ed in cui P&G era considerata “scuola”: il marketing e ne rimasi affascinata. Riuscii a farmi trasferire prima a fare il Technical Brand Manager e poi il Brand Manager iniziando così la mia carriera di Marketing attraversando con incarichi di crescente responsabilità, dal Product Management fino alla Direzione Generale J&J, Colgate-Palmolive,Seagrams, L’Oreal, Helene Curtis, Unilever, Arval. E la mia laurea in Chimica? La formazione che mi ha dato è stata molto preziosa nei miei progressi di carriera.. Negli ultimi 10 anni in Arval sono tornata ad occuparmi anche di un reparto R&D cosmetico. Direi la chiusura di un cerchio.

Nel suo percorso di studi o nella sua carriera, ha incontrato difficoltà in quanto donna?

All’inizio sicuramente si. All’Università eravamo solo 4 ragazze ed all’inizio ero trattata con una certa sufficienza ma alla fine, sono stati i risultati a venir valutati. Poi, alla ricerca di un eventuale primo impiego trovai un muro. Dal reclutatore della Montedison mi fu detto che, pur essendo la migliore del mio anno, non mi avrebbero assunta perchè le donne fanno figli...Era il 1974, oggi, se anche lo si pensasse, almeno non ci si azzarderebbe a dirlo.
In seguito nel mio percorso lavorativo non ho mai percepito di essere stata discriminata in quanto donna, ma va detto che ho agito sempre in modo da non dare adito a motivi per esserlo. Sono sempre stata molto impegnata e concentrata sui risultati. Ovvero ho giocato con le regole in essere nel mondo del lavoro, rendendo ininfluente il mio essere donna.
Per avere successo sul lavoro bisogna essere molto motivati e disposti all’impegno ed al sacrificio personale che tu sia uomo o donna e purtroppo talvolta ho dovuto constatare che le giovani donne, che magari sono migliori rispetto ai maschi nel percorso di studio e all’inizio di carriera, si fanno poi distrarre (o sopraffare) dalla materntà. È la stessa conclusione a cui è giunta il premio Nobel Claudia Goldin che è stata premiata per il suo studio sul gap di genere. E questo non è solo un problema italiano. Su questo punto c’è molto lavoro da fare a livello culturale ma è un cambiamento di mentalità lungo e difficile.
Rispetto a 50 anni fa sono stati fatti molti passi avanti, ma non ancora sufficienti.

Secondo lei, nel nostro Paese esistono ancora barriere che impediscono alle ragazze di avvicinarsi agli studi STEM o alle giovani donne di fare carriera in queste professioni? Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?

La scuola in Italia non promuove abbastanza le materie scientifiche, non le fa apprezzare dagli studenti e non sa trasmetterne il fascino e l’importanza. E questo vale sia per i ragazzi che per le ragazze. Direi che oggi per le giovani donne la sola vera barriera è quella autoimposta, sia nella scelta di un percorso di studi STEM, sia nel proprio sviluppo di carriera in ambito scientifico.

C’è qualche consiglio che può dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

Una laurea STEM apre molte più opportunità di primo impiego ed anche di diversificazione nelle opportunità di carriera. Inoltre la formazione di chi studia materie scientifiche fornisce skills e competenze che ritornano utili in qualunque tipo di lavoro, come lo è stato per me. Vorrei invece aggiungere un altro tipo di consiglio per le giovani donne: non fatevi scoraggiare o rallentare dalla maternità. Pretendete aiuto dal vostro partner, investite lo stipendio in aiuti esterni, se necessario, ma non mollate per strada.
I figli crescono incredibilmente presto, a volte i matrimoni finiscono ma la vostra realizzazione professionale è il patrimonio che vi accompagnerà tutta la vita.