Carlotta de Bevilacqua

Presidente e CEO del gruppo Artemide e Presidente di Danese Milano. Docente universitario alla Facoltà del Design del Politecnico di Milano.

Imprenditrice, architetto, designer, docente, Carlotta de Bevilacqua è una delle protagoniste della progettualità e della visione imprenditoriale contemporanea. Designer di grande esperienza ha sviluppato un importante percorso di ricerca nel campo della luce.

Per Artemide e Danese ha realizzato molti prodotti di nuova generazione, riconosciuti con numerosi brevetti di invenzione e premi.

Ha introdotto nel campo dell’illuminazione prospettive tecnologiche innovative e scenari inediti nell’esperienza sensoriale e nell’interazione tra comunicazione e informazione, esplorando le nuove frontiere della ricerca sulla fotonica.

Vegetariana e animalista, il suo pensiero è caratterizzato dalla fusione tra umanesimo e scienza e orientato verso un’impresa 4.0 sociale e innovativa. Indaga gli aspetti della luce legati al benessere fisiologico e psicologico dell’uomo offrendo nuovi standard qualitativi in termini di performance e di riduzione dei consumi per la vita degli esseri viventi e del pianeta.

Nel 2020 è stata inserita da Forbes tra le 100 donne italiane di successo più influenti. Nella sua vita ha fatto davvero la differenza, per esempio nella ricerca. Ricordo la creazione una luce in grado di sanificare gli spazi e inibire per quanto possibile la crescita di batteri e virus, con applicazioni anche in campo medico. Ora ha un progetto che le sta a cuore? Forse un sogno nel cassetto?

Negli ultimi anni la luce sta sperimentando una vera e propria rivoluzione.
Oggi più che mai la luce è una energia circolare: illumina gli spazi, genera interazioni dal punto di vista fisiologico-psicologico, porta nuove experiences e interazioni di gestione e comunicazione, garantisce salute e sicurezza negli spazi sanificando grazie alla tecnologia brevettata Integralis.

Le grandi rivoluzioni tecnologiche sono quelle che hanno sempre dato vita ad una nuova possibilità di cambiamento e di innovazione. La luce sta vivendo grandi rivoluzioni dal punto di vista scientifico e industriale, è un campo in cui abbiamo l’opportunità di generare una nuova qualità di vita possibile.
La contemporaneità ci sta mettendo di fronte ad un contesto particolarmente complesso.

Oggi è determinante riaffermare una visione, sapere comprendere le nuove frontiere tecnologiche e culturali, riflettere sulle necessità di un mondo globale che ha bisogno di essere reinterpretato e rispettato per offrire risposte flessibili, qualitative, accessibili.

Il sogno nel cassetto è ancora quello con cui ho iniziato i miei studi, la volontà di creare un’alternativa per contribuire ad un futuro migliore.
Si è in parte realizzato con esempi come Integralis ma la ricerca nel campo della luce sta ancora aprendo inaspettate prospettive.

Lei si è laureata in Architettura, quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

La serietà e l’impegno fanno la differenza in ogni campo.
Ho scelto l’architettura, seguendo l’esempio di mia madre per poter contribuire con risposte concrete ai bisogni dell’uomo e del mondo. Ho sempre interpretato il progetto come strumento per supportare e migliorare la vita. Nel mio percorso l’incontro con Ernesto Gismondi mi ha poi portato a diventare imprenditrice, non solo a progettare ma anche a produrre e distribuire la luce. Grazie alla ricerca nel campo della luce ho coltivato la mia passione per la fisica.
Alle ragazze che amano le materie STEM consiglio di seguire i loro interessi con una visione aperta e curiosa. Trovo che spesso le donne siano più portate ad un positivo percorso di sintesi, anche a partire dai minimi particolari. Sono capaci di avere uno sguardo molto aperto e di lavorare per la lunga durata, per il domani. E' frequente nella sensibilità delle donne il saper unire, il mettere insieme nella vita come nella professione condividendo spazi, ricerca, pensiero e creatività.
Oggi la professionalità ha meno limiti di genere, in ogni caso ho sempre creduto alle diverse personalità, ai talenti, allo studio e all’impegno nel fare, piuttosto che a un modo femminile o maschile o di altro genere nell’affrontare il progetto. Penso che all’interno di un percorso professionale etico, cognitivo, umano e spesso faticoso è il talento che restituisce soluzioni e competenze e, nel caso del design, quando si è bravi anche la bellezza.