Donata Passarello

Senior Research Scientist Guavus, San Francisco.

Cosa l’ha portata a laurearsi in ingegneria elettronica al Politecnico di Torino? E poi a completare il suo percorso di studi con una laurea specialistica in Nanotecnologie. E poi ancora a conseguire un dottorato di ricerca in Fisica?

I meccanismi che stanno dietro il funzionamento dei dispositivi elettronici mi hanno sempre intrigata molto, è stato questo a spingermi a scegliere Ingegneria Elettronica come indirizzo di laurea triennale. Il corso di studi mi è piaciuto al punto che, ancora prima di finire la laurea triennale, decisi di fare domanda per un programma di laurea specialista in Nanotecnologie per le ICT, che coinvolgeva tre università europee: il Politecnico di Torino, l` Institute National Politechnique de Grenoble (INPG), in Francia, e l` École Politechnique Fédérale de Lausanne (EPFL), in Svizzera. Il corso di laurea prevedeva un semestre i ciascuna delle tre università partecipanti e i corsi si sarebbero svolti interamente in inglese. Fui ammessa e, finiti i primi tre semestri, partii alla volta degli Stati Uniti per fare un internship all`IBM Almaden Research Center di San Jose.
Quei mesi furono determinanti per la mia carriera, l`ambiente dell`IBM mi piacque moltissimo e li iniziai ad innamorarmi della ricerca. Qualche mese dopo il conseguimento della laurea magistrale, si presentò la possibilità di una borsa di dottorato di ricerca in Fisica, con una scuola di eccellenza tedesca, che mi avrebbe permesso di eseguire la mia ricerca all`IBM di San Jose, così feci domanda e venni ammessa. Così ho iniziato a lavorare nel mondo della ricerca, che mi affascina tantissimo perché` mi ritrovo a studiare ed imparare cose nuove ogni giorno.

Abbiamo letto che ha lavorato come Scientist alla Stanford University e in IBM. Ci può raccontare in poche parole di in cosa consiste il suo lavoro oggi in Guavus, società leader nell’intelligenza artificiale applicata agli analytics?

Ho iniziato la mia ricerca in IBM dove ho lavorato su materiali per dispositivi neuromorfici. L`obbiettivo era quello di fabbricare dispositivi ad alta efficienza energetica, che prendono ispirazione dal meccanismo di funzionamento del cervello. Se ci pensa, il nostro cervello memorizza e trasmette informazioni con un`efficienza energetica altissima, ci basta un caffè e un paio di biscotti al mattino. Al contrario, un computer o uno smartphone consumano molta più energia per computare anche la più semplice delle operazioni.
Lavorando su questo progetto, spesi tanto tempo all`acceleratore di particelle di Stanford, dove utilizzavo i raggi X per osservare i cambiamenti di struttura dei miei materiali durante il funzionamento del dispositivo. Lì ho conosciuto il Dr. Micheal Toney, che mi ha proposto di lavorare per lui. Iniziai a lavorare a Stanford ad Aprile del 2016, studiavo nuovi materiali per batterie, nello specifico, batterie per autoveicoli elettrici, dove si necessita di aumentare l`autonomia dei veicoli e di accelerare i tempi di ricarica, il tutto senza accorciare la vita delle batterie stesse. Durante il periodo a Stanford, fui costantemente esposta ai più vari campi di ricerca e tra questi quello dell`AI (artificial intelligence). Cosi decisi di studiarlo per saperne di più e poterlo applicare al mio settore di ricerca. Lavorai su un progetto che consisteva nell`utilizzo di algoritmi di machine learning, complementati da esperimenti con i raggi X, per scoprire nuovi materiali con caratteristiche specifiche. Mi piacque cosi tanto che iniziai a valutare la possibilità di allontanarmi dalla fisica e dalle scienze dei materiali per lavorare a tempo pieno nell`ambito dell`AI. Qualche mese fa feci un colloquio a Guavus e mi venne fatta un`offerta per lavorare con loro da Senior Research Scientist. Il mio lavoro consiste nel sviluppare e applicare algoritmi che siano in grado di estrarre informazioni utili da quantità enormi di dati, al fine di accelerare processi specifici rilevanti per una particolare applicazione.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? È sempre stata portata per le materie STEM?

Non ho mai avuto le idee chiare su cosa sarei voluta diventare da grande. Ho frequentato il liceo classico e non posso dire di essere stata più portata per le materie scientifiche rispetto alle letterarie, andavo bene in entrambe. La mia scelta è stata determinata dalla curiosità verso le nuove tecnologie e dal desiderio, un giorno, di contribuire allo sviluppo tecnologico.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

La scuola ha investito molto sull’orientamento e la mia famiglia mi ha certamente sostenuta nella scelta di un percorso STEM. Mi ritengo estremamente fortunata per questo.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà?

Io ho avuto la fortuna di lavorare con professionisti che mi hanno sempre incoraggiata, valorizzata ed apprezzata. Non posso dire di essere mai stata penalizzata in quanto donna. Purtroppo però spesso questo non accade, per cui bisogna lavorare ancora tanto in questo senso. Però ci tengo a sottolineare che ci sono casi, come il mio, in cui non vengono fatte discriminazioni, ed è giusto parlarne perché` questo vuol dire che si sta andando nella giusta direzione.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Negli Stati Uniti va meglio? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Non vivo in Italia da tanti anni, quindi non mi sento di fare paragoni. Però ritengo che il modo migliore per incoraggiare delle ragazze a considerare gli studi STEM come una possibilità concreta, è quello di esporle a questi campi di ricerca. A Stanford-SLAC, per esempio, esiste un programma estivo in cui vengono selezionate ragazze liceali e vengono invitate a trascorrere una settimana in laboratorio. L`estate scorsa ho partecipato alla loro poster session ed è stato bellissimo vedere il loro entusiasmo. Ecco, io lavorerei in questa direzione, farei in modo che vengano a contatto più diretto con il mondo STEM così che se ne innamorino.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze italiane che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Innanzitutto di non scoraggiarsi all`idea di essere circondate da uomini, al mio primo anno di università in un corso di oltre 100 studenti, eravamo solo 6 ragazze, ma questo non deve spaventarle, anzi deve dare loro una motivazione in più`, vuol dire che c’è bisogno di loro. Un altro consiglio che mi sento di dare è di partecipare a dei programmi di mentorship, avere un mentor che possa sostenerle e consigliarle è un aiuto importante. Io, per esempio, sono mentor dell`associazione no profit “Lead the Future” che punta proprio a sostenere ed aiutare studenti che scelgono il percorso STEM, e mi accorgo di quanto gli studenti traggano beneficio dalle nostre chiacchierate.