Erica Pezzica

Imprenditrice

Co-fondatrice, COO e CFO di Cargoful, startup attiva nel settore degli autotrasporti, che è stata recentemente accettata nel programma di accelerazione Bocconi4Innovation.

Premio ITWIIN 2020: “Menzione come Modello di imprenditrice di futuro successo”
Per la capacità di indirizzare competenze ingegneristiche di alta formazione per ottimizzare la gestione del servizio degli autotrasporti su gomma delle piccole aziende utilizzando la digitalizzazione, l’utilizzo di algoritmi volti a ridurre le spese operative, favorire alleanze tra fornitori e alleviare gli stress finanziari in un’ottica sinergica di lavoro dignitoso, crescita economica, e azione per il clima, inclusi consumo e produzione responsabili.

Ci può raccontare in poche parole qual è stato il suo percorso di studi e di cosa si occupa?

Oltre ad essere co-founder, CFO e COO di Cargoful, una startup che mira a digitalizzare ed ottimizzare il mondo degli autotrasporti, sto concludendo un Master in Business Administration presso la London Business School di Londra. Mi sono laureata nel 2016 in Ingegneria Aerospaziale presso l’Università di Pisa conseguendo contestualmente il diploma di eccellenza presso la Scuola Superiore Sant’Anna in discipline ingegneristiche. Questo percorso di studi mi ha permesso di fare molte esperienze internazionali. Due tra le più importanti sono una collaborazione a scopo di ricerca presso il Jet Propulsion Laboratory della NASA a Pasadena, California, e una presso il laboratorio di Fluid Mechanics and Instabilities dell’EPFL (Politecnico di Losanna), in Svizzera.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? Cosa l’ha portata poi a scegliere un corso di studi STEM?

Sono sempre stata molto curiosa. Da piccola mi ispiravo al personaggio di Pico de Paperis e passavo molto tempo a cercare risposte a domande sempre nuove. Al liceo ho partecipato a più edizioni nazionali delle olimpiadi della matematica e, dopo aver conseguito la maturità scientifica, ho continuato a seguire la mia passione per le materie scientifiche. Ho scelto Ingegneria Aerospaziale perché offriva il giusto mix di concretezza e ambizione di scoperta, spingendo l’immaginazione, e non solo, oltre i confini dell’atmosfera. La mia famiglia mi ha sempre supportata, ma la mela non è poi caduta così lontano dall’albero: mio padre è un fisico, mia madre farmacista, la mia sorella maggiore un ingegnere edile e architetto e tutti hanno avuto un ruolo importante nel mio percorso.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà?

Si, a mio avviso ce ne sono molte. Queste generano, in maniera più o meno esplicita, discriminazione nei confronti delle donne che vogliono intraprendere una carriera scientifica e/o diventare imprenditrici. In certi ambienti accademici e lavorativi, donne in posizione di responsabilità sono l’eccezione e non la norma. Ho percepito una sfida maggiore nel costruirmi e mantenere una credibile identità professionale a causa di una maggiore severità nelle valutazioni di performance e di preconcetti riguardo le caratteristiche dei professionisti “di successo”, convenzionalmente legate a tratti “maschili”. Oltre a frequenti battute e commenti legati a pregiudizi sulle donne, mi ha particolarmente colpita il feedback di un collega che mi ha detto: “Ottimo lavoro e chiara presentazione, ma per essere ascoltata dai clienti devi essere meno gentile”. Non volendo generalizzare, si potrebbe comunque discutere di come la competenza professionale talvolta non sia sufficiente, da sola, a superare le barriere culturali presenti ancora oggi nel mondo del lavoro. Nonostante questo, ci tengo ad aggiungere che la mia impressione è che le cose stiano gradualmente cambiando. Nel mio percorso ho incontrato colleghi e amici che mi hanno sostenuto e incoraggiato e che, più in generale, si sono fatti promotori di un ambiente di lavoro meritocratico e hanno sponsorizzato iniziative a sostegno di una maggiore uguaglianza di genere.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per aiutare le giovani donne ad intraprendere studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Certamente, sono ancora troppo pochi i modelli femminili di successo nel campo dell’imprenditoria e delle materie STEM. Se una bambina vede certi ruoli sempre ricoperti da figure maschili, le verrà naturale pensare che questi siano i più adatti al ruolo e avrà meno motivazione a perseguire una carriera nel settore. Mi piacerebbe quindi che le eccellenze femminili – che comunque ci sono – venissero maggiormente conosciute. Bisogna inoltre sottolineare che avere una carriera di successo, per una donna imprenditrice o di scienza, non significa necessariamente annullare la propria vita personale. E’ importante portare esempi di donne che abbiano trovato un equilibrio in questo senso, senza compromettere le proprie ambizioni e la propria etica professionale.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Incoraggio vivamente tutte le ragazze interessate alle materie STEM ad intraprendere questo percorso con confidenza di sé, senza farsi scoraggiare dagli ostacoli che si presentano e traendo forza dal loro superamento. Forse siamo ancora lontane dalla situazione ideale ma con il giusto atteggiamento e determinazione i risultati arrivano e portano con loro una grande soddisfazione. Sarà anche un cliché ma: se non noi, chi? Se non ora, quando?