Ersilia Vaudo Scarpetta

ASTROFISICA, CHIEF DIVERSITY OFFICER DELL'AGENZIA SPAZIALE EUROPEA

Ersilia Vaudo Scarpetta si è laureata in Astrofisica, all’Università La Sapienza di Roma, dove ha inizialmente lavorato nel Dipartimento di Cosmologia su esperimenti per la misura dell’anisotropia della radiazione di fondo cosmico. Dal 1991 lavora all’Agenzia Spaziale Europea e ricopre attualmente il ruolo di Chief Diversity Officer a Parigi. In passato ha ricoperto vari ruoli strategici e ha inoltre lavorato quattro anni nelle Relazioni Internazionali all’ufficio dell’ESA di Washington DC, curando in particolare le relazioni con la NASA e la liaison dell‘ESA con il Canada e gli Stati Uniti.

È membro di International Women’s Forum e di Women in Aerospace Europe. La passione per la scienza e l’impegno sociale sono un filo rosso che attraversa il suo percorso e la motivazione che la spinge a scrivere articoli divulgativi da quasi trent’anni, convinta della forza ispiratrice della scienza sulle giovani generazioni.

Cosa l’ha portata a laurearsi in Fisica alla Sapienza? Come è entrata nel 1991 a far parte dell’ESA? E poi cosa l’ha portata ad occuparsi di Diversity?

Quando ero ancora adolescente e frequentavo il liceo, ero molto interessata alle materie umanistiche: filosofia, letteratura e poesia mi davano emozioni forti e accesso a parti del mio mondo interiore che amavo scoprire. E’ difficile decidere della propria vita a 18 anni, quando si sa ancora poco di se stessi e della vita che si desidera. Pur amando le materie umanistiche, avvertivo chiaro il bisogno di spostare il mio baricentro, di tirarlo fuori da me e di lasciarlo vagare, a occuparsi di spazi infiniti. Percepivo la dimensione di libertà, una dimensione rassicurante, che mi offrivano le materie scientifiche e l’opportunità di contribuire a qualcosa di più grande di me. Così ho scelto fisica. Mi esaltava l’idea di essere solo un puntino, un istante, in un cosmo indifferente e muto che, comunque, avrei provato a scoprire...

Oggi posso dire che è stata proprio questa scelta a definire in gran misura la persona che sono oggi, innescando una trasformazione radicale del mio approccio alla vita. Lo studio della cosmologia, della meccanica quantistica, della relatività generale, mi hanno in qualche modo trasformata, mi hanno dato dei “superpoteri”: l’impossibile può diventare reale se si cambia punto di vista, se si trova il coraggio di uscire dalla propria zona di conforto. L’opportunità di lavorare all’Agenzia Spaziale Europea è stata per me un’occasione unica e il luogo ideale per conciliare le mie passioni, lavorando in un ambiente permeato di scienza, meraviglia e open-mindedness.

Da poco più di un anno ricopro il ruolo di Chief Diversity Officer e mi occupo, appunto, di diversità e di inclusione, temi che hanno assunto, ormai, un posto chiave nell’agenda delle priorità dell’Agenzia Spaziale Europea. Grazie a questa iniziativa, l’ESA si propone di arricchire il proprio patrimonio di diversità, garantendo al tempo stesso che i valori e gli obiettivi, perseguiti attraverso le azioni volte a promuovere maggiori diversità e inclusione, diventino un attributo intrinseco e autentico di tutte le politiche dell’Agenzia e dei suoi obiettivi. Come sottolinea il nostro Direttore Generale – Jan Woerner - la diversità rappresenta uno degli asset più importanti, e l’ESA ha bisogno della molteplicità di punti vista e di competenze per continuare a innovare e ispirare con le sue missioni i cittadini europei e le giovani generazioni. Una delle sfide più importanti è quella di rafforzare l’interesse delle ragazze verso i mestieri legati all’avventura spaziale e, allo stesso tempo, usare il potere di ispirazione dello spazio per incoraggiare le ragazze a perseguire studi nelle materie STEM.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? E’ sempre stata portata per le materie STEM?

Devo dire che in casa l’interesse per la scienza non è mai mancato. Mia madre, infatti, laureata in chimica e biologia – una rarità per l’epoca – ha sempre cercato di incoraggiare me e i miei fratelli a sperimentare e a sviluppare un’autentica passione per le questioni scientifiche. Nella nostra cucina conservavamo diversi barattoli di zucchero, sale, e altri ingredienti indispensabili per cucinare… e nello spirito di stimolare la nostra curiosità, nostra madre aveva deciso di indicare soltanto la formula chimica su ciascuna etichetta. Potete allora facilmente immaginare che cosa accadde quando, una volta, utilizzai cucchiaiate di NaCl (sale), anziché C6H12O6 (sì, zucchero!) per preparare le torte da offrire ai miei compagni di scuola!

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Ho frequentato il liceo scientifico a Gaeta, dove sono sempre stata incoraggiata ad approfondire le materie scientifiche. E la mia famiglia ha una lunga tradizione di matematici. Quindi sono stati tutti felicissimi della mia scelta. Devo però sottolineare che mi avrebbero certamente sostenuta anche se avessi perseguito scelte diverse. Ci tengo a sottolineare anche che la mia passione per la letteratura e la filosofia sono senza dubbio cresciute durante i miei studi di fisica. La linea di separazione tra queste materie, il confine tra umanesimo e scienza è comunque molto sottile.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche?

Che le donne siano sotto-rappresentate nelle discipline tecno-scientifiche è purtroppo, ancora oggi, un dato di fatto: a scegliere percorsi di tipo STEM sono soprattutto ragazzi, come evidenziato dalle recenti statistiche dell’OCSE sul tema. Benché costituiscano ormai la maggioranza dei laureati, infatti, sono ragazze soltanto il 39% degli studenti che conseguono una laurea in materie STEM e appena un quinto nei corsi di studio legati alle tecnologie dell’informatica e della comunicazione.

La strada da percorrere per realizzare la parità di genere in ambito scientifico è ancora lunga, soprattutto se si pensa che la sotto-rappresentazione delle donne nelle attività scientifiche ha origini lontane e radicate nelle aspettative di carriera dei giovani studenti. Gli ultimi studi pubblicati su riviste internazionali hanno finalmente smentito la vecchia convinzione per cui alla base di tale fenomeno vi sarebbero differenze di attitudini intrinseche tra ragazzi e ragazze. Al contrario, sono piuttosto i fattori socio-culturali a entrare in gioco e a determinare differenze di genere sin dall’infanzia. Per esempio, ricerche dell’OCSE mostrano che gli stereotipi trasmessi dalla famiglia, dalla scuola e dalla società più in generale rivestono un ruolo considerevole nel contribuire a delineare le diverse aspettative di carriera tra i due sessi: se i ragazzi sognano di diventare ingegneri e scienziati, le ragazze tendono invece a immaginarsi più come dottoresse e infermiere già ben prima di compiere 15 anni – e quindi prima di assumere le decisioni della vita sulle proprie prospettive professionali future.

Anche quando scelgono poi effettivamente di intraprendere una carriera in ambito STEM, donne e ragazze si trovano a dover affrontare difficoltà e ostacoli che incidono sulle possibilità di carriera e di valorizzazione professionale. Dati OCSE alla mano, solo il 17% degli scienziati che guadagnano più di 80.000 euro l’anno sono donne e le ricercatrici figurano come autori principali di articoli scientifici solo nel 21% dei casi. Inoltre, le donne rappresentano appena un quinto dei peer reviewers e dei membri di commissioni editoriali, con questa quota che scende addirittura al 15% quando tali attività sono retribuite. Si tratta, indubbiamente, di barriere persistenti e che occorre tuttavia sforzarsi di abbattere, per garantire opportunità di accesso e di successo a uomini e donne in egual misura.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Se c’è un consiglio che do sempre ai ragazzi, è questo: “Non credere che qualcosa sia impossibile finchè non ci hai provato fino in fondo. Lavora sodo e segui le tue passioni. E non prendere mai un NO come una risposta data e definitiva”. Come abbiamo visto, intraprendere una carriera in ambito scientifico può sembrare difficile, a volte impossibile… bene, cerchiamo di godere della possibilità di spingere i limiti di ciò che è possibile. E consideriamo sempre ogni fallimento – grande o piccolo che sia – come un’opportunità per migliorarci e per puntare più in alto, fino alle stelle.