Ci può spiegare a grandi linee di cosa si occupa?
Come open innovation manager mi occupo della gestione dell’innovazione, con uno sguardo alle esigenze che emergono internamente all’organizzazione ed uno all’esterno per cogliere le opportunità e le soluzioni.
Spesso si tende a pensare che l’innovazione derivi da un’idea geniale, nella realtà dei fatti, l’idea non basta. Innovare vuol dire conoscere non solo i bisogni di oggi ma avere la visione del futuro che si svilupperà per realizzare un prodotto e/o un servizio adeguato allo specifico contesto. L’innovazione non sempre è disruptive, si aprono nuovi scenari anche utilizzando in modo “diverso” tecnologie già mature in altri settori, ad esempio applicando soluzioni domotiche in ambito AAL (Ambient Assisted Living). Inoltre la cross-fertilizazion con settori come Automotive e gaming che già si sono avvicinati al mondo dell’intelligenza artificiale può facilitare la creazione di nuove prospettive in ambito healthcare.
Nel nostro settore l’applicazione delle nuove tecnologie è di grande impatto, può cambiare la qualità della vita di persone fragili e facilitare il lavoro degli operatori.
Per essere allineati con i nuovi trend è importante aprire un dialogo costante e costruttivo con diversi stakeholder istituzionali ed investire in partnership e collaborazioni con i soggetti che fanno ricerca e innovazione come Università, Centri di Ricerca, start-up e le associazioni imprenditoriali.
Nel paradigma dell’open innovation il vero driver del cambiamento è lo scambio di idee tra chi sviluppa nuove tecnologie e il patrimonio di competenze presenti in azienda.
Quando era piccola, cosa sognava di fare da grande?
Da molto piccola sognavo di poter aggiustare le “cose”, ad esempio il televisore di nonna. Il mondo poi è cambiato molto velocemente e le cose non si aggiustano più quindi ho avuto l’opportunità di avvicinarmi alle invenzioni e a creare cose nuove.
Come è arrivata alla laurea in Ingegneria Elettronica e ad occuparsi poi, con un dottorato di ricerca, di modelli organizzativi per il trasferimento di conoscenze? Qual è stato il suo percorso di studi?
Dopo il Liceo Scientifico non avevo assolutamente le idee chiare. Ero molto interessata alla laurea in fisica, ma dopo aver scoperto la Laurea in Ingegneria Elettronica non ho più avuto dubbi. Una laurea come ingegneria ti consente di affrontare diversi aspetti tecnici e scientifici, non ci si annoia mai.
In un percorso cosi tecnico facilmente ci si scontra con la necessità di brevettare e con i temi della proprietà intellettuale. Da questo percorso nasce la mia passione per il Trasferimento Tecnologico o più precisamente il trasferimento di conoscenze. Decido quindi di approfondire questi temi con un Dottorato in Istituzioni amministrazioni e politiche Regionali (IAPR). Per completare il mio percorso di studi decido di fare esperienza all’estero presso la Lehigh University al Global Village For Future Leaders Of Business and Industry.
E’ sempre stata portata per le materie STEM? Quando è nata questa sua passione?
Ho sempre avuto una grande passione per la matematica e la fisica. Crescendo durante gli anni del liceo ho maturato un grande interesse per la fisica quantistica. Oltre la matematica c’è molto di più …
La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso?
Prima di scegliere la facoltà di ingegneria ho raccolto molte informazioni e credo sia stato molto utile per fare una scelta consapevole.
La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?
Ho sempre scelto con la mia testa e la mia famiglia ha sempre rispettato le mie decisioni. E’ importante avere vicino qualcuno che ti sostenga per realizzare i propri sogni.
Nel suo percorso di studi o nel mondo del lavoro, ha mai incontrato difficoltà in quanto donna?
Il mondo tecnico è spesso maschile e non sempre è percepita la differenza come un valore. Purtroppo come molte donne mi sono confrontata con stereotipi e con valutazioni superficiali.
Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?
La chiave è essere confidente e credere in sé stesse, il contributo che le donne portano sui progetti va oltre la competenza tecnica ma è un approccio e una visione che porta valore anche al team.