Francesca Plebani

Ingegnere gestionale, PhD in Supply chain management. Consulente, Temporary manager e Formatrice freelance. Docente a contratto di Green logistics e Supply chain management all'Università di Brescia

Gentile Francesca, ha scelto il liceo scientifico e poi si è laureata in Ingegneria Gestionale, con un dottorato in supply chain management. Ci può raccontare cosa l’ha indirizzata verso le materie STEM? È sempre stata portata fin da piccola?

Sono sempre stata portata per le materie tecnico scientifiche fin dalla tenerissima età. Alle elementari adoravo la matematica, mi allenavo in esercizi continui che per me rappresentavano un gioco. Meno interessanti mi parevano le scienze, ma a partire dagli anni del liceo anche fisica e chimica acquisirono ai miei occhi un grande fascino.
Terminato il liceo mi prese uno dei primi dubbi sulla mia strada: sposare davvero la strada dei puri numeri? Il mio cuore diceva di scegliere la facoltà di matematica, la testa e una visione che, col senno di poi, trovo quasi limitata, dicevano che avrei faticato a trovare un impiego fuori dal contesto dell’insegnamento. Feci una scelta di compromesso optando per ingegneria gestionale, percorso che riuniva le componenti per me più importanti: la concretezza dell'ingegneria, la propensione verso l'organizzazione aziendale e le basi tecnico-matematiche, a cui non potevo rinunciare. Rifarei assolutamente questa scelta, anche se, per il lavoro che faccio posso dire che mi sbagliavo nel vedere così forti limiti nella facoltà di matematica: c’è spazio anche contesti aziendali, ma non ero pronta a capirlo.

Dopo il dottorato si è specializzata come consulente e formatrice nell’ambito della strategia aziendale e dell’operations management. Ci può descrivere il suo percorso professionale? Com’è giunta a questa scelta?

Mi sono laureata con una tesi magistrale nell'ambito della gestione, pianificazione e previsione della domanda di parti di ricambio. L'ambito era proprio quello dell'operations management, che nei primi anni facevo ancora un po' fatica a percepire nella sua ampiezza.
Dopo la laurea non avevo un'idea chiara in testa, tanto che, tra qualche indecisione, scelsi il dottorato in supply chain management (allora tempi si chiamava "Progettazione e gestione dei sistemi logistici e produttivi integrati"). Una cosa era certa: vedevo nel gruppo di ricerca di cui stavo entrando a far parte un team di ricercatori e professionisti da cui imparare. Già durante il dottorato fui coinvolta in attività di ricerca applicata a casi aziendali, esperienza che mi fece capire che quella poteva essere la mia strada. Sempre in quei primi anni di affermazione professionale iniziai a tenere qualche lezione, prima in Università e poi in contesti aziendali, scoprendo il grande valore della formazione.
Al termine del dottorato arrivò la svolta: aprire partita IVA e affacciarmi con coraggio ad un mondo complicato. Quando ripenso alle sfide intraprese e ai rischi corsi sono orgogliosa di quanto fatto; un po' di leggerezza nelle prime fasi mi è stata da spinta.

Gli studi e il lavoro le hanno lasciato tempo per sviluppare altre attività? Nel tempo libero riesce a seguire le sue passioni?

Gli studi mi hanno lasciato poco tempo perché quando sposo un progetto lo faccio al 100%. Da studentessa giovane e inesperta pensavo che dare il massimo significasse studiare tanto e staccare poco. Con gli anni ho maturato consapevolezza dell'importanza delle pause rigenerative e mi dedico molti momenti in più.
Gli impegni hanno comunque lasciato spazio per le passioni: ho viaggiato, ho coltivato la passione per lo sport, che mi ha portato anche ad essere presidente di una società di calcio per quattro stagioni.

Secondo lei esistono ancora barriere che impediscono alle ragazze di avvicinarsi agli studi STEM? Esistono ancora ostacoli che impediscono alle giovani donne di fare carriera nelle professioni STEM? Cosa potremmo fare per migliorare le cose?

Ho un'opinione molto forte e un po' controcorrente al riguardo: penso che non esistano barriere insuperabili. Tutto dipende da quanta determinazione e voglia di arrivare noi donne dimostriamo. Da quando siamo disposte a dare e a metterci in gioco.
Soprattutto nei miei primi anni di esperienza professionale operavo in contesti (la manutenzione industriale) in cui trovare donne non è frequente. Ero una ragazza giovane, carina, curata, venivo dall’università, c’erano tutti gli elementi per lo stereotipo. Esiste certamente un po' di pregiudizio. Mi è capitato di sentirmi dire che "in alcuni contesti per un uomo sarebbe stato più semplice”. Quasi sempre sono rimasta per dimostrare sul campo ciò che sentivo di poter dare; solo una volta ho scelto di andarmene.

C’è qualche consiglio che può dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

Non esistono percorsi da donne o da uomini. Penso che molto dipenda dalla nostra voglia di valorizzarci.
Mettetevi in gioco, imparate, scegliete la via difficile e non perdete occasioni per maturare competenze. Ogni tanto vi sembrerà che le competenze che state maturando, se fuori dalle vostre aree core, abbiano poco valore. Tra qualche anno potreste scoprire che sono proprio quelle a fare la differenza.
E infine osservate sempre, confrontatevi, mettetevi nei panni degli altri: avete tutto da imparare!