Gioia Ghezzi

FISICA. VICE PRESIDENTE ASSOLOMBARDA CON DELEGA A SVILUPPO SOSTENIBILE E SMART CITIES. BOARD MEMBER EIT (EUROPEAN INSTITUTE OF INNOVATION AND TECHNOLOGY).

Gioia Ghezzi, laurea in fisica teorica in Italia, MBA in UK. Vice Presidente Assolombarda con delega a Sviluppo sostenibile e Smart Cities. Board member EIT (European Institute of Innovation and Technology). Oltre 25 anni di esperienza manageriale e nella consulenza in IBM, McKinsey, Zurich Assicurazioni, Willis Group e Ferrovie dello Stato italiane. Advisor e board member di varie associazioni e istituzioni nazionali, tra le quali Assonime, Trilateral Commission, Humanitas e altre.

Tra i progetti di cui si è occupata in Ferrovie citiamo: WIM – Women in Motion (per raccontare la cultura tecnica e specialistica al femminile nelle scuole medie e superiori, poi allargato anche alle elementari con “Bet she can”), e la piattaforma «Ue Platform for Change» siglata a Bruxelles da Fs insieme ad altri operatori ferroviari a favore della parità di genere.

Qual è stato il suo percorso di studi? Come è arrivata alla laurea in fisica teoria, e come mai poi ha scelto l’ Executive Master in Business Administration alla London Business School?

Il mio percorso non è stato lineare, anche a causa di una difficile situazione famigliare all’epoca. Inizialmente volevo studiare filosofia della scienza poi mi sono resa conto della necessità di partire dalla scienza stessa e sono passata a Fisica. Mi stimolava l’idea di cimentarmi con problemi che pochi avevano affrontato, di poter capire la relatività generale e la teoria quantistica dei campi. Lì ho trovato un maestro che mi ha ispirata a studiare Fisica Teorica. L’ MBA invece è stato una necessità: una volta inserita nel mondo del lavoro e raggiunto uno certo livello manageriale mi sono resa conto che mi mancavano gli strumenti di base di gestione aziendale – il modo più rapido per acquisirli era uno studio strutturato combinato al lavoro stesso.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? E’ sempre stata portata per le materie STEM?

Sognavo di fare l’astronauta – scrissi alla NASA a 8 anni chiedendo se potevano mandare una bambina sulla luna. Tuttavia amavo moltissimo anche scrivere, le poesie, i romanzi, le grandi epiche ed epopee. Sono sempre stata curiosa di tutto, senza grandi divisioni fra STEM e non.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Ho fatto un’ottima scuola, in cui ho avuto in media insegnanti ottimi in tutti i campi, e che ricordo bene tuttora, a cui devo molto. Non direi che mi abbiano influenzata, mentre la famiglia si: sia mio padre che mia madre avevano studiato materie scientifiche alle superiori e io ho seguito la loro strada. Mi hanno sicuramente sostenuta moltissimo – per lo meno fino a quando hanno potuto.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà?

Le barriere sono moltissime e cominciano nell’infanzia, con i giochi che vengono dati ai bambini. Sarebbe troppo lungo qui ricordarle. Basti pensare che in Italia solo il 20% della popolazione raggiunge la laurea, di questi la maggioranza sono donne, ma il 90% delle donne si laura in materie umanistiche. La scelta va benissimo, ma dovremmo avere discussioni molto più oneste sul legame fra scelte universitarie e possibilità di impiego. Ed assicurarci che la scelta sia tale, una reale preferenza, non dettata dal timore delle materie scientifiche. Io per esempio non credo che esistano bambini che non sono portati per la matematica, bensì ci sono cattivi metodi di insegnamento, e poco incoraggiamento a chi si scontra con le prime difficoltà. Io ho incontrato spesso difficoltà, più o meno forti a seconda dell’azienda in cui mi trovavo, le più dure sono state quelle derivanti dal cosiddetto unconscious bias. Mi sono trovata fin dal primo giorno di lavoro ad essere l’unica donna del mio gruppo, non è stato facile.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne a studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

In Italia ci sono moltissime iniziative oggi per orientare le ragazze verso studi STEM – con un errore tipico però sono spesso frammentate, ogni istituzione ed azienda fa la sua piccola iniziativa anziché’ fare sistema. Nel lavoro che ho seguito io per esempio tramite Girls in Motion, fatto con una serie di aziende italiane, mi sono resa conto che la soluzione sta nel partire dall’infanzia, educando bambine, bambini e famiglie fin dall’inizio.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Buttatevi negli studi con tutte voi stesse, cercate esperienze all’estero, anche tramite programmi come Erasmus, e siate role models per le amiche più giovani. Più donne Stem significa più donne nel mondo del lavoro e questa è una ricchezza per tutti. La diversità produce sempre ricchezza.