Ilaria Dorigatti

Insegna epidemiologia delle malattie infettive all’Imperial College di Londra, si occupa dello sviluppo di modelli matematici e statistici per capire come si trasmettono i virus nelle popolazioni.

Dott.ssa è tra i cinque matematici dell’Imperial College di Londra che avevano lanciato l’allarme il 17 gennaio 2020, oltre un mese prima dell’esplosione dell’epidemia in Italia. È stata intervistata da tutto il mondo. Ci può raccontare in poche parole in cosa consiste il suo lavoro.

In generale il mio lavoro consiste nell’analizzare dati epidemiologici (come il numero di casi, ricoveri e decessi) e sviluppare modelli matematici per capire quali sono i meccanismi che permettono ai virus di diffondersi, per poi valutare l’impatto di interventi (come, ad esempio, la vaccinazione) per controllare la trasmissione delle malattie infettive. Dal punto di vista metodologico, si tratta di scrivere in termini matematici il processo del contagio tra persone per poi applicare metodi di inferenza statistica che permettono di calibrare i modelli ai dati. È un lavoro che richiede un approccio quantitativo e lo sviluppo di capacità tecniche e computazionali ma che richiede anche molta creatività e passione per scrivere.

Come è arrivata a questa prestigiosa università? Lei è originaria di Trento, ormai da undici anni si trova in Gran Bretagna, cosa l’ha spinta ad andare all’estero?

Come è arrivata a questa prestigiosa università? Lei è originaria di Trento, ormai da undici anni si trova in Gran Bretagna, cosa l’ha spinta ad andare all’estero?

Ho avuto la fortuna di andare all’estero durante la laurea specialistica, presso la UCLA a Los Angeles in California, grazie ad un programma finanziato dall’ Università di Trento, che mi ha aperto gli occhi al mondo della ricerca oltreoceano. Una volta tornata da questa esperienza, ho vinto una borsa di dottorato durante la quale ho colto l’occasione per visitare l’Imperial College – questo periodo è stato tra i più belli della mia vita, e una volta finito il dottorato ho vinto un contratto da postdoc di 4 anni presso lo stesso dipartimento. Dopo 11 anni, sono ancora a Londra come docente nella Scuola di Salute Pubblica della Facoltà di Medicina a Imperial College. Uno dei motivi principali per cui sono andata all’estero è stata la voglia di fare parte del dipartimento dove oggi lavoro, che si è sempre distinto per la qualità e competitività della ricerca. Ovviamente ricevere contratti medio-lunghi ad inizio carriera e poi ottenere una cattedra mi hanno aiutato a darmi un senso di stabilità che mi ha permesso di creare la mia famiglia e di sentirmi integrata nel mondo anglosassone.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà? Ricorda un episodio?

Non penso ci siano barriere nell’entrare nel mondo scientifico accademico, eventualmente qualche ostacolo si trova nel momento in cui si vuole restare e avanzare nella carriera universitaria in un sistema molto competitivo e nel quale si accumulano responsabilità. In generale, una delle cause penso sia la mancanza di supporto per le giovani famiglie. Fino ad ora non ho incontrato difficoltà insormontabili, ma ho la fortuna di avere il supporto di mio marito che si prende cura dei nostri figli tanto quanto me, il chè mi permette di dedicarmi al lavoro nonostante i bambini ancora piccoli.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Penso ci sia bisogno di diversità, in generale, nelle materie STEM. Anche se molto è stato fatto sia in Gran Bretagna che in Italia, penso che ovunque si possa fare di più soprattutto a partire dall’educazione primaria dove si rischia che alcuni falsi preconcetti e stereotipi – come, ad esempio, che esistono materie più maschili o femminili – entrino a fare parte della mentalità e della cultura. In futuro vorrei non ci fosse bisogno di quote rosa e vorrei vedere più diversità e donne in posizione di leadership. L’unico modo per ottenere questo è fare in modo che le barriere che ostacolano le carriere STEM vengano abbattute.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Consiglio di buttarsi con tutto l’entusiasmo, così come lo consiglio per qualsiasi materia scelta senza farsi condizionare da ostacoli culturali. Intraprendere una carriera nelle materie STEM è un viaggio fatto di continue scoperte, nel quale si usa la propria creatività per risolvere problemi e trovare soluzioni. Ci sono sempre nuove domande e non si smette mai di fare e testare ipotesi, imparare, meravigliarsi e capire. La monotonia non esiste!