Ilaria Roma

Capo della Sezione di Sistemi Spaziali e Ingegneria Concorrente (Concurrent Engineering) presso il centro ESTEC della Agenzia Spaziale Europea

08/09/2023

Gentile Ilaria si è laureata in ingegneria aerospaziale alla Sapienza di Roma. Com’è giunta a questa scelta? E’ sempre stata portata per le materie STEM fin da piccola? Cosa sognava di fare “da grande”?

Fin da bambina amavo l’idea di poter progettare qualcosa che potesse migliorare la vita delle persone.
A 9 anni dissi al mio papà che avrei voluto studiare ingegneria, e in questo probabilmente c’è anche lo zampino di mio zio Angelo, ingegnere e – all’epoca - unico laureato di tutta la famiglia. Inconsapevolmente è stato per me un role model, sebbene lo abbia capito solo da grande.
Mio papà mi spingeva molto verso le materie STEM, mi sfidava con giochi di logica e mi regalava giocattoli che l’opinione comune definirebbe ‘’da maschio’’. Sono stata estremamente fortunata in questo, e intorno ai 13 anni la mia passione per la scienza, la matematica, la fisica mi hanno portata ad iscrivermi al liceo scientifico, sebbene mi piacessero tantissimo anche le materie umanistiche.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Il liceo scientifico che ho frequentato è stato un grande momento formativo. Riconosco ai miei docenti di avermi stimolata moltissimo, anche talvolta dando a me e ad alcuni altri compagni di classe dei compiti o tests diversi. All’epoca sembrava una ingiustizia, sebbene la forma mentis di noi teenagers degli anni 90 non ci permettesse neanche per idea di protestare o lamentarci.
Ora dico: ‘’Ben venga’!’: quello era un grande regalo…
Devo riconoscere che la scuola ci ha offerto l’opportunità di conoscere le possibilità a disposizione.
La scelta è stata poi individuale. E per me, al momento della ‘’pre-iscrizione’’ a Febbraio 1999, la scelta andò in modo particolare…mi iscrissi a Ingegneria Biomedica (allora i corsi si tenevano solo a Milano, al politecnico) perché si, il mio sogno era l’ingegneria, ma nutrivo uno spassionato interesse verso la medicina …che però mal si incastrava con la mia capacità di guardare anche una sola goccia di sangue senza svenire!
Eh he …con quel corso di studi avrei potuto combinare i due aspetti!
Ma accanto a me, il giorno della pre-iscrizione, mio papà mi diceva “ma dove te ne vai così lontana, a Milano? Non puoi cercare qualcosa di più vicino?”. Ai tempi non c’era internet ai livelli di adesso…tutto sembrava più difficile…E cosi feci una iscrizione di back up a La Sapienza, a Roma. Dopo tutto, il biennio di ingegneria includeva gli stessi esami qualunque fosse la specializzazione successiva.
Scelsi ‘’Ingegneria Aerospaziale’’, quella che sembrava più interessante e ignota dalla descrizione del piano di studi. Avrei cominciato da lì la mia ….missione 😉
Nello stesso mese papà venne a mancare…cominciai gli studi di Ingegneria Aerospaziale a Roma 7 mesi dopo che lui ci aveva lasciati, e non riuscii ad abbandonare i banchi: lo spazio mi aveva affascinata e conquistata…e le lectures, i seminari, le lezioni…avevano fatto sbocciare in me il ‘’sogno nel cassetto’’: lavorare per l’Agenzia Spaziale Europea.


Dopo la laurea è entrata all’Agenzia Spaziale Europea. Dal 2019 è caposquadra di una sezione strategica del Centro Europeo per la Ricerca e la Tecnologia Spaziale, la Concurrent Design Facility (CDF – www.esa.int/cdf ) . Un ruolo di grande responsabilità, in pratica valuta la fattibilità delle future spedizioni spaziali. Ci può descrivere il suo percorso professionale e di cosa si occupa?

Alla fine dell’universita’, dopo una tesi sulla progettazione delle missioni spaziali in ambiente collaborativo (Concurrent Design) mi candidai per una posizione da Young Graduate Trainee presso la stessa sezione di cui adesso sono il capo. Il programma YGT (https://www.esa.int/About_Us/Careers_at_ESA/Graduates_Young_Graduate_Trainees), tuttora esistente, offre a giovani neolaureati la opportunità di ottenere una esperienza di formazione sul campo, con 12 mesi di esposizione ai compiti e alle mansioni della Agenzia Spaziale Europea, in ambiente internazionale e multiculturale.
Non avrei mai pensato che mi avrebbero chiamato neanche per il colloquio. Infatti nel frattempo avevo iniziato a lavorare in una piccola compagnia vicino al mio paese d’origine, Ceccano. I miei amici e la mia famiglia mi chiedevano increduli se avessi avuto il “coraggio” di andare a vivere all’estero per questa opportunità.
Oggi sembra incredibile: 12 mesi all’estero per uno studente o un neolaureato sono diventati una cosa più che approcciabile e sicuramente abbastanza comune e di grande valore per il curriculum di un professionista. Allora non era così, non nel mio paesino sicuramente… Perfino mia mamma mi disse ‘’capiranno subito che non sei tu quella che cercano, tornerai presto’’.
Era Novembre 2006.
Da allora ho avuto l’immensa fortuna di lavorare in un team che si occupa di valutare la fattibilità di missioni future, che quindi vengono lanciate a distanza di 10, 20 anni dal momento in cui la CDF entra in azione per definire un concetto preliminare di come il sistema sarà fatto e funzionerà.
Avrete sicuramente sentito parlare di Juice, lanciato lo scorso 14 Aprile (https://www.esa.int/Science_Exploration/Space_Science/Juice).
Non nascondo l’entusiasmo nel raccontarvi che nel 2009 ero parte del team che definiva la fattibilità di quella missione alla volta di Giove. In CDF, un team di 15-20 specialisti definisce le modalità secondo cui la missione si svolge: come lanciarla, quale traiettoria seguire, come raccogliere i dati scientifici e trasferirli a terra per il bene della comunità scientifica.
In base a questo ‘’disegno’’, un veicolo spaziale viene progettato con pannelli, motori, antenne, batterie, strumentazione di bordo… e per ognuno dei ‘’pezzi’’ si definiscono le caratteristiche fisiche e i costi.
Talvolta si giunge alla conclusione che il pezzo che ci serve non esiste e dobbiamo crearlo. Questo genera delle attività di sviluppo, con la partecipazione delle industrie spaziali europee, incluse le italiane. Quando la missione viene poi sviluppata, il satellite sarà assemblato, testato e controllato affinché il lancio sia con altissima probabilità un successo. ‘
Nei miei 17 anni in CDF sono stata parte di squadre che hanno studiato decine di missioni. All’inizio avevo il ruolo di ingegnere di sistema e coordinavo i dati dei vari membri della squadra, controllando ad esempio che il satellite fosse compatibile con il lanciatore in termini di massa e volume, o che la potenza generata dai pannelli solari fosse sufficiente alla strumentazione del satellite, che le antenne fossero abbastanza grandi per trasmettere dati a terra eccetera.
Con l’esperienza, dal ruolo di Systems Engineer sono passata a ricoprire quello di Team Leader, dirigendo sia la progettazione, indirizzando l’analisi delle alternative tecniche e programmatiche, sia i membri dei teams delle varie missioni a livello di motivazione, rispetto delle tempistiche, performance….un lavoro meno tecnico ma di fondamentale importanza.
Dal 2019 sono stata selezionata per ricoprire il ruolo di capo della sezione degli ingegneri di sistema che nell’Agenzia Spaziale supportano le varie missioni (Juice, Euclid, Sentinels, Galileo, ExoMars, Artemis, EDRS…) di cui l’opinione pubblica sente parlare in occasione dei lanci o della acquisizione di dati scientifici di grande interesse. In questo gruppo, abbiamo la nostra CDF Facility, un laboratorio speciale: invece dei macchinari abbiamo la creatività e l’esperienza dei nostri ingegneri. Giovanissimi ed esperti lavorano fianco a fianco, combinando creatività e conoscenza per definire le future missioni spaziali europee.

Ha qualche progetto per il futuro? Un sogno nel cassetto che ancora deve realizzare?

Quando finiamo i sogni, finiamo di vivere …certo ‘’da grandi’’ diventa più difficile sognare perché c’è una riduzione delle opportunità che lasciamo prendere a noi stessi.
Le energie fisiche si riducono, i vincoli familiari sono meno flessibili…
Ma è naturale continuare a sognare, imparare, migliorarsi e migliorare ciò che ci circonda. Il mio sogno è quello di accendere l’entusiasmo per lo spazio, la scienza e la tecnologia nelle generazioni future.
Abbiamo bisogno di scienziati e ingegneri per il futuro dello spazio, e della scienza a più ampio spettro. Sono convinta che ispirare i giovanissimi e le giovanissime fin dai banchi della scuola elementare sia di cruciale importanza. È in quel momento che la curiosità e la capacità di imparare sono più forti. È importante conoscere cosa c’è lì fuori, per poi scegliere la strada che più riflette la nostra personalità e le nostre capacità. Credo moltissimo nella formazione, che include sia il bagaglio di conoscenze tecniche che la capacità di aggiornarsi in continuazione e incontrare le meraviglie tecnologiche che ci circondano. Intelligenza artificiale, realtà aumentata, simulazione entrano sempre più nelle nostre vite, con Apps sui cellulari, strumenti casalinghi che assistono le nostre attività (Siri, Alexa…)
Ebbene questa è scienza applicata alla nostra vita. Scienza che spesso nasce per un bisogno spaziale e viene poi commercializzata con una applicazione terrestre che migliora la nostra quotidianità. Risonanze Magnetiche, tessuti tecnici sportivi, celle solari sono nate così…)
Passare questo messaggio e ingaggiare nuovi talenti per il futuro è il mio sogno.
Supportare le nuove generazioni perché ciò che avverrà tra 20 anni è nelle loro mani.
In parte sto già lavorando al mio sogno, anche parlandovi qui.
Ma non sarò soddisfatta fino a quando non vedrò i risultati!

Da anni, vive e lavora in Olanda. La sua è stata una scelta obbligata? Nel suo percorso di studi o nella sua carriera, ha incontrato difficoltà in quanto donna?

IL mio sogno di lavorare per l’ESA nella Concurrent Design Facility ha implicato la scelta obbligata del trasferimento, nel senso che la ESA CDF si trova solo nei Paesi Bassi.
Se volto a guardarmi ventiseienne a trasferirmi qui penso che sia stata una fantastica esperienza di crescita: professionale e personale.
Un paese nuovo, una cultura e un modo di pensare e fare differenti dal nostro, una lingua all’inizio totalmente incomprensibile… il perdersi la mattina per arrivare al lavoro senza navigatore 😉 …l’impossibilità di distinguere il detersivo dall’ammorbidente al supermercato …un sacco di piccoli aspetti che stimolano creatività e capacità che resterebbero altrimenti inutilizzate…
Quanto alla domanda sul genere, posso dire che personalmente non ho mai percepito alcuna limitazione. Sicuramente c’erano moltissime meno donne quando sono arrivata in Agenzia, sicuramente le iniziative in supporto delle donne sono cresciute e stanno incoraggiando moltissime ragazze.
Personalmente credo di non essere mai stata trattata diversamente da un uomo, probabilmente perché la mia percezione personale non mi ha mai fatta sentire diversa da un uomo.
I compiti che abbiamo possono essere ugualmente svolti da qualunque genere; pertanto, tutti possono essere all’altezza di ogni mansione. La differenza non è nel genere ma nella personalità, nel carattere, nei talenti di ognuno. E la diversità è l’ingrediente dei piatti più gustosi. Ognuno di noi è necessario in modo differente per il successo delle attività che svolgiamo.

Secondo lei, nel nostro Paese esistono ancora barriere che impediscono alle ragazze di avvicinarsi agli studi STEM o alle giovani donne di fare carriera in queste professioni? Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?

Mi dispiace di dover ammettere che in Italia siamo un po’ indietro con la parità. Le politiche di sostegno alle donne che vogliono avere sia una carriera che una famiglia sono ancora povere. Le infrastrutture sono poco sviluppate e sicuramente non capillari sul territorio nazionale. Trovarsi a vivere in una grande città o in un piccolo centro determina la pragmatica possibilità per una donna di poter contare su un sostegno per potersi assentare dal nucleo familiare, spesso necessario quando si assumono responsabilità più grandi sul posto di lavoro.
Inoltre, le donne sono pagate meno degli uomini, fattore a dir poco non stimolante per una diversificazione di genere, soprattutto sugli scalini più alti delle carriere.

Ma al di là delle barriere logistiche e monetarie, in Italia c’è ancora una grande barriera che è quella culturale. La nostra mentalità non è ancora pronta per la parità, per quanto perfino noi donne vogliamo credere che lo sia, spesso comportandoci dimostrando proprio che siamo noi per prime a non crederla fattibile.
Nel mio lavoro di gestione del personale, sono esposta alla interazione con molte donne che vengono da diversi paesi, e non nascondo il dispiacere nell’incontrare ragazze mie conterranee che sono davvero brillanti ma si auto-impongono limitazioni, pensando di non essere all’altezza delle situazioni, avendo difficoltà nel declinare alcune richieste, tutto a prezzo del proprio dispendio energetico.
Riconosco la carenza di autostima e di assertività come tratti della nostra cultura ed educazione. Non voglio certo biasimarla poiché non sono altrettanto allietata dall’arroganza né dalla carenza di modestia. Ma credo che l’educazione, sia nelle case che nelle scuole, possa aiutare moltissimo nel delineare i tratti caratteriali degli individui. Diffondere consapevolezza è il primo passo per cambiare le cose. E ognuno di noi può contribuire con piccoli gesti: non trattare diversamente i bambini dalle bambine fin dai giocattoli, offrire le stesse opportunità e lasciare che siano loro a preferire oggetti, colori, comportamenti…Resistere alla tentazione di riferire un qualcosa come ‘’da femmina o da maschio’’. Introdurre iniziative nelle scuole che possano portare dei modelli comportamentali agli occhi dei ragazzi, il che avvicina la percezione della possibilità. E poi ovviamente avere politiche di sostegno con parità di numero di assenze dal lavoro per mamme e papà, con una solida infrastruttura, sia in termini di edifici che di personale che possano offrire un sevizio di asili e doposcuola a prezzi compatibili con i salari offerti nel nostro paese.
Ovviamente il tutto incastonato in un sistema dove comportamenti come evasione fiscale e dichiarazione del falso siano una impossibilità. Vivo in un paese dove questo avviene, non vedo perché non possiamo fare lo stesso. Anche questo è parte della nostra mentalità. Il cambiamento non avverrà domani, ma dobbiamo pur iniziare da qualche parte…

C’è qualche consiglio che può dare alle ragazze che amano le materie STEM ed in particolare lo spazio, e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

Credete in voi stesse e impegnatevi moltissimo per realizzare le vostre ambizioni. Non vi fermate alla prima difficoltà o al primo messaggio scoraggiante.
Sarà faticoso, talvolta sembrerà insormontabile, ma non arrendetevi mai: osate volare, come spesso dice Samantha Cristoforetti, la nostra astronauta.

Infine solo una curiosità, ci racconta cosa avverrà nei prossimi anni nello spazio e come il nostro paese e le nostre persone saranno coinvolte?

Dopo la riunione che ha radunato i 22 stati membri della Agenzia Spaziale Europea, a Parigi, lo scorso 22-23 Novembre, chiamata ‘’Il Consiglio Ministeriale’’, sono state prese decisioni sugli stanziamenti finanziari per i programmi dell’ESA nei prossimi 3 anni. L’Italia ha allocato la cifra più alta nella sua storia e tra le missioni alle quali il nostro paese lavorerà c’è il ritorno alla Luna.
L’idea è di andare sulla Luna, questa volta per restarci.
Il ritorno dell’uomo sulla Luna è parte del programma della Nasa Artemis, che prevede entro il 2024 l’allunaggio della prima donna e del prossimo uomo, oltre che l’assemblaggio in orbita cislunare di una Stazione Spaziale, simile alla nota ISS e discese sul suolo lunare, con la costruzione di un campo base sulla superficie della Luna. Questo includerà la coltivazione di cibo in situ, l’utilizzazione delle risorse lunari come materiale e come fonte di energia e molti altri elementi.
Queste attività sono di importanza strategica per l’ Europa e per l’ Italia, poiché creano le condizioni per le nostre industrie di lavorare su tecnologie di punta, che hanno poi una grande ricaduta sulle applicazioni terrestri, e la possibilità di commercializzazione di prodotti, con beneficio economico per il nostro paese. Le tecnologie richieste per le missioni lunari offriranno soluzioni tecniche in area come global warming, riduzione dei consumi energetici e delle risorse, tecnologie mediche e molte altre.
Il tutto in preparazione di future missioni umane verso Marte.
Partecipare attivamente a questi ambiziosi programmi deve sicuramente farci sentire orgogliosi e deve motivare tutti noi, in particolare le generazioni future, a prepararsi acquisendo competenze per lavorare nelle industrie coinvolte negli sviluppi tecnologici e nei centri di ricerca che analizzano dati scientifici derivando importanti risultati.
Tra i bambini che oggi hanno 5-6 anni, c’è l astronauta che per primo metterà piede su Marte e che poi tornerà a raccontarci la sua esperienza.
Non è un sogno abbastanza grande per dare motivazione ad avvicinarsi alla scienza, alla tecnologia, allo spazio …per le future generazioni di bambini e bambine?
Per aspera…ad astra!