Lucie Biehler-Gomez

Laureata in Antropologia Culturale e Sociale e in Scienze Forensi in Francia, dottore di ricerca in Antropologia Biologica e Forense presso l’Università degli Studi di Milano Tra le sei vincitrici dell’edizione italiana 2020 del Premio L’Oréal-UNESCO

Dott.ssa abbiamo letto che grazie alla borsa di studio assegnata da L’Oréal Italia, svilupperà un interessante progetto di ricerca sull’evoluzione delle donne e della condizione femminile nel corso dei secoli, attraverso le metodologie delle scienze forensi. Ricostruirà quindi la fisionomia femminile del passato, la condizione sociale, le discriminazioni subite e i cambiamenti nell’arco dei secoli. Ci può raccontare in poche parole in cosa consiste questo lavoro? Quali tecnologie e metodologie utilizzerà?

Il contributo principale che vorrei dare è permettere alle donne del passato di raccontare la loro storia, la quale è stata raccontata prevalentemente da una prospettiva maschile, così che le loro voci si sono generalmente perse nel tempo. La scienza dell'antropologia può cambiare la situazione: esaminando le ossa delle persone del passato, possiamo leggere gran parte della loro identità, stato di salute e storia personale. Il mio progetto consiste nell'analisi antropologica delle donne milanesi attraverso 2000 anni, dando loro l'opportunità di raccontarci direttamente come vivevano, che aspetto avevano e come venivano trattate. In questa prospettiva, verranno applicate tecniche diverse e complementari per l’analisi scientifica dei resti umani: ovvero analisi macroscopiche osteologiche e stereomicroscopiche per stabilire i principali dati del profilo biologico (sesso, età, etnia, diagnosi di malattie e traumi), esami microscopici (istologia e microscopio ottico) e radiografici (con lastre e tomografia computerizzata) per meglio definire età, patologie e traumi.
L’obbiettivo è quello di migliorare la nostra comprensione della vita delle donne nel passato, della loro evoluzione e dei cambiamenti nel tempo in modo da avere, oggi, una base solida per la tutela universale dei diritti femminili.

Ha un dottorato in Scienze Ambientali del dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute dell’Università degli Studi di Milano. Cosa l’ha portata a scegliere questo corso di studi? E’ sempre stata portata per le materie STEM? Quando era piccola cosa sognava di fare da grande?

Da bambina sognavo di diventare astrofisica, ma a 12 anni ho letto un articolo sul lavoro di un team internazionale di antropologi sull’identificazione dei "desaparecidos" della dittatura militare Argentina, volto a restituire dignità ai defunti e consentire così alle loro famiglie di elaborare il lutto e andare avanti, e ho pensato "questo è quello che voglio fare". Quando si tratta di scheletri, la gente vede solo un mucchio di ossa, una persona morta, vede l'assenza di vita. Come antropologi, quando guardiamo le ossa, non vediamo la morte, ma le loro vite passate. Le ossa sono spugne piene di informazioni acquisite durante la vita e se prestiamo abbastanza attenzione, possono dirci molto sull'aspetto fisico, la storia e l'identità di una persona. Questo è ciò che mi sta più a cuore: restituire una voce a chi non l’ha più, ricordare e celebrare i defunti, recenti o antichi, in modo che non vengano mai dimenticati.

Secondo lei, ci sono ancora discriminazioni nei confronti delle donne nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà?

I pregiudizi legati alle donne nella scienza si presentano in tutte le forme, dalle più umilianti alle più ridicole. In ambito scientifico, le persone non dovrebbero essere giudicate in base al loro aspetto fisico, genere o stile di vita, ma sulla base dei loro meriti intellettuali. Per fortuna, è possibile apprezzare cambiamenti ovunque e ogni giorno, vengono applicate regole sempre nuove per imporre l'uguaglianza di possibilità, così come le mentalità si stanno evolvendo. Questo è un processo lento, ma che non dovrebbe essere sottovalutato in quanto potrebbe vedere le generazioni future raggiungere l'obiettivo finale: infrangere il soffitto di vetro.
La mia carriera è solo all'inizio, ma fino ad ora ho avuto la fortuna di non essere mai stata limitata a causa del mio genere. Ho avuto la fortuna di trovare professori nei miei anni accademici in Francia e negli Stati Uniti che hanno creduto in me e mi hanno spinto ad andare avanti. Sono stata altrettanto fortunata nell’avere come mentore la professoressa Cristina Cattaneo, che è stata la mia relatrice di tesi durante il dottorato in Italia e successivamente mi ha tenuto come assegnista di ricerca nel suo team. La professoressa Cattaneo non è solo una brillante patologa forense e antropologa, famosa per il suo impegno umanitario, ma anche un incredibile esempio di donna che si è affermata nel mondo della scienza.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Le ricercatrici possono svolgere il loro lavoro grazie alle borse di studio, di conseguenza questo è già un pilastro fondamentale. Sono profondamente grata a L'Oréal-UNESCO per avermi permesso di continuare la mia ricerca e perseguire la mia carriera scientifica. Per sostenere la ricerca scientifica e le scienziate sono necessarie maggiori opportunità di finanziamento, poiché sono estremamente competitive e scarse, ma soprattutto mostrare alle giovani donne che questo non è un mondo riservato agli uomini, e che le donne possono avere successo nel mondo della scienza.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Se c'è una cosa che vorrei dire alle giovani donne e ragazze che aspirano a entrare nel meraviglioso e spietato mondo della scienza, è questo: ciò che il mondo può dire non ha importanza, credi in te stessa, non dubitare mai delle tue capacità, sii sempre gentile e non arrenderti. Se credi in te stessa, non c'è limite che non sarai in grado di raggiungere.