Manuela Teresa Raimondi

INGEGNERE MECCANICO, È PROFESSORE ORDINARIO DI BIOINGEGNERIA AL POLITECNICO DI MILANO, DOVE HA FONDATO E DIRIGE IL GRUPPO DI MECCANOBIOLOGIA

Manuela Teresa Raimondi, ingegnere meccanico, è Professore Ordinario di Bioingegneria al Politecnico di Milano, dove ha fondato e dirige il gruppo di Meccanobiologia. Inoltre ha fondato e dirige due laboratori: il “Mechanobiology Lab” e il “Live Cell Imaging Lab”.

Attualmente è Principal Investigator di tre progetti finanziati dall’ERC nel campo della bioingegneria delle cellule staminali: il Consolidator grant NICHOID (www.nichoid.polimi.it) e i due Proof-of-Concept grants NICHOIDS e MOAB (www.nichoid.polimi.it). Ha al suo attivo circa 200 pubblicazioni e otto brevetti nei settori della meccanobiologia e della medicina rigenerativa. E’ tra i soci fondatori di MOAB, una start-up innovativa che sviluppa dispositivi per la ricerca avanzata in biologia.

E’ tra le 100 più note scienziate italiane chiamate dalla Fondazione Bracco al progetto #100esperte. (http://100esperte.it/)

Video istituzionale Politecnico di Milano – Prof. Raimondi: progetto NICHOID:

Cosa l’ha portata a laurearsi in ingegneria meccanica, e proseguire poi la sua carriera specializzandosi in Bioingegneria?

Alle medie avevo letto alcuni articoli di divulgazione scientifica che parlavano di “micromacchine biomediche”, cioè robot miniaturizzati che avrebbero potuto circolare nel nostro sangue e ripulire i vasi sanguigni. Sono rimasta molto colpita da queste idee e ho deciso irrevocabilmente che sarei stata un bioingegnere. All’epoca dei miei studi universitari, si poteva accedere al sottindirizzo in bioingegneria solo da ingegneria meccanica e da ingegneria elettronica. Preferivo meccanica e dunque mi sono iscritta lì.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? E’ sempre stata portata per le materie STEM?

Sono stata sempre un ingegnere. Da piccola mi piaceva smontare qualsiasi gioco o dispositivo elettronico, avevo sempre il cacciavite in mano. Alle medie ho comprato il primo calcolatore giocattolo, il mitico VIC20, e ho imparato a programmarlo in Basic. Al liceo amavo le materie scientifiche ma anche quelle umanistiche, e ho avuto sempre parecchie tendenze creative. Quindi fin da piccola è stato chiaro che sarei stata un ingegnere creativo, e mi sono negli anni trasformata in una scienziata che sviluppa tecnologie di frontiera.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

La scuola mi ha fornito solide nozioni di base e la capacità di studiare e apprendere in autonomia. I miei genitori mi hanno sempre sostenuto economicamente, anche ben oltre il percorso universitario, anche se la decisione di fare ricerca aveva inizialmente un po’ deluso le loro aspettative perché in Italia le prospettive lavorative in questo campo sono molto limitate.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà? Ricorda un episodio?

La principale barriera è il fatto che il mondo accademico è ancora patriarcale. Sono principalmente gli uomini che decidono per le carriere di tutti, e questo crea inevitabilmente discriminazioni basate su limiti culturali. Le mie difficoltà nella carriera sono derivate principalmente dall’aver voluto far partire una linea di ricerca nuova, che apparentemente avrebbe potuto drenare risorse dalle linee di ricerca già consolidate. Sono però riuscita a procurarmi adeguate risorse dalla Commissione Europea e questo sforzo è stato alla fine riconosciuto con adeguati avanzamenti di carriera.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

L’Italia sta facendo molto ma non basta orientare correttamente, le donne vanno poi supportate in tutto il loro percorso di carriera. Bisogna secondo me aumentare il contributo dei padri alla gestione familiare. Una misura urgente sarebbe la parificazione degli stipendi femminili, che al momento sono inferiori del 25% a quelli maschili. Bisogna ridurre le discriminazioni sul lavoro di genitori di figli piccoli. In Norvegia, ad esempio, è vietato per legge fissare riunioni decisionali dopo le ore 16 in qualsiasi contesto lavorativo. Infine, bisogna potenziare le strutture di supporto alla gestione familiare, come ad esempio gli asili pubblici.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Consiglio di seguire le proprie passioni mandando a quel paese in modo sistematico chiunque vi richiami alla concretezza, con discorsi su carriere certe e posto di lavoro fisso. Sono discorsi che non hanno nulla di concreto perché non portano alla propria realizzazione personale, fondamentale per riuscire a primeggiare nel proprio settore e fare carriera. Il mondo STEM è il mondo del futuro e dell’innovazione, dove l’unica cosa concreta è l’utopia!