Marina Carini

Professore ordinario in Chimica Farmaceutica e Prorettore alla Terza Missione, Attività Culturali e Impatto Sociale dell’Università degli Studi di Milano

Gentile Marina, si è laureata in Farmacia presso l’Università degli Studi di Milano. Com’è giunta a questa scelta? E’ sempre stata portata per le materie STEM fin da piccola? Cosa sognava di fare “da grande”?

Mi sono laureata in Farmacia, è corretto, ma ai tempi la scelta della facoltà è stata una seconda scelta: ero infatti decisa per medicina, sin dal liceo classico e credo sarei stata un ottimo medico, Tuttavia i miei genitori, che mi hanno supportato in tutto, erano già abbastanza anziani e sinceramente non me la sentivo di gravare su di loro per 6 anni di laurea + 5-6 anni di specializzazione. Ho scelto quindi Farmacia, per restare sempre in ambito scientifico e, tirando ora le somme, rifarei tutto e non mi sono mai pentita di questa scelta.
Io non sono sempre stata portata, fin da piccola, per le materie STEM, ma mi è sempre piaciuto studiare e riuscivo bene in tutte le materie. Al termine del liceo tuttavia sapevo esattamente che cosa non avrei mai fatto all’Università: le materie umanistiche perché ritenevo che difficilmente mi avrebbero dato un futuro.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

La scuola mi ha sempre detto, dalle elementari fino al liceo classico, che avrei potuto affrontare qualsiasi scelta ma non mi hanno fornito un orientamento vero e proprio. Come detto in precedenza, i miei genitori non hanno MAI influenzato le mie scelte, lasciandomi libera di scegliere nella vita, Università compresa. Come conseguenza, il sostegno da parte della famiglia è sempre stato tangibile.

Ci può descrivere il suo percorso professionale e di cosa si occupa? Ha qualche progetto per il futuro?

Il percorso è molto semplice perché sono passata attraverso tutte le tappe di una carriera Universitaria. La laurea in farmacia prevede un tirocinio pratico e sono stata per diversi mesi in una farmacia territoriale. Nel frattempo tuttavia avevo deciso di fare una tesi sperimentale in Università, per aumentare le mie possibilità di impiego in settori diversi dalla Farmacia territoriale. Da quel momento non si sono più scostata dall’Università degli Studi di Milano e sono stata a fare ricerca per 4 anni di cui uno solo coperto economicamente da borsa ministeriale fino al concorso per ricercatore nel 1983. Nel 1992, sempre per concorso, sono diventata professore associato, poi nel 2001 professore ordinario, quindi coordinatore del Dottorato di Ricerca in Chimica del Farmaco, poi direttore di dipartimento per 3 mandati consecutivi (ciascuno di 3 anni), nonché Direttore della Scuola di Specializzazione in Scienza e Tecnologia Cosmetiche prima e a tutt’oggi coordinatore di due corsi di perfezionamento post-laurea nel settore cosmetico, Scienze Cosmetiche (in convenzione con Intercos) e Prodotti Cosmetici: dalla formulazione al consumatore (in convenzione con Cosmetica Italia). Dal 2018 poi sono prorettore delegato alla Terza Missione, attività culturali e impatto sociale e sono quindi quasi al termine della mia carriera. Questo è il motivo per cui non ho particolari progetti per il futuro se non quello di costruire e formare persone giovani attraverso la ricerca, anche se sono tuttora impegnata in progetti finanziati sia a livello nazionale che europeo.
Nata con il metabolismo farmaci, mi sono sempre occupata di tecniche analitiche nel settore farmaceutico e cosmetico, con particolare riferimento allo studio delle potenzialità della spettrometria di massa che attualmente utilizziamo prevalentemente nelle tecniche “omiche”, proteomica, lipidomica e metabolomica, discipline che aiutano a comprendere sia il meccanisimo d’azione che l’impatto di una molecola di sintesi o di un estratto di origine vegetale a livello celluale e tissutale, studiando in dettaglio come viene modificato il network proteico o lipidico.

Nel suo percorso di studi o nella sua carriera, ha incontrato difficoltà in quanto donna?

Sinceramente non ho mai incontrato difficoltà significative e tangibili, anche perché il mio carattere non lo consente, ma solo difficoltà verbali: mi veniva detto che “prima dovevano sistemarsi i maschi” (ma questo è stato smentito dai fatti). Anzi, forse questo è stato solo di stimolo e ho avuto la fortuna di lavorare, dalla tesi sperimentale in poi, con un uomo che ha sempre creduto nei giovani e alle loro capacità scientifiche, non facendo nessuna distinzione tra uomini e donne. Questo è il motivo per cui sono arrivata dove sono.

Secondo lei, nel nostro Paese esistono ancora barriere che impediscono alle ragazze di avvicinarsi agli studi STEM o alle giovani donne di fare carriera in queste professioni? Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?

Io penso che nel nostro Paese vi siano delle differenze significative da Regione a Regione nella mentalità generale, ma non credo che vi siano delle barriere reali che impediscono alle ragazze di avvicinarsi agli studi Stem: esiste prevalentemente una differenza sostanziale nel mondo lavorativo post studi, perché, tranne pochi casi, sono diverse le realtà pubbliche da quelle private, anche economicamente parlando. Penso che solo la conoscenza e la formazione, per le quali non esistono preclusioni, possano essere d’aiuto nel superare quelle differenze di mentalità che non aiutano a superare il problema del raggiungimento di posizioni apicali da parte delle donne.

C’è qualche consiglio che può dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

Di consigli di carattere generale ne ho veramente pochi perché ogni individuo deve essere considerato come un’entità diversa e ciascuno deve seguire la propria indole. Tuttavia una cosa accomuna tutti: non devono esistere timori o incertezze perché gli esempi di successo sono ormai tanti e tanto si fa per rendere noti il più possibile questi esempi. Credo che la Scuola superiore possa e debba fare molto di più in questo processo di formazione e informazione