Marta Montoli

R&D Cosmetic Specialist presso LabAnalysis

Gentile Marta, lei è R&D Cosmetic Specialist. Ci può descrivere brevemente il suo lavoro, di cosa si occupa?

Principalmente mi occupo di formulazione di prodotti cosmetici, dallo skin-care all’hair-care, prodotti per la protezione solare e make-up. Ma non solo. Il laboratorio in cui lavoro, recentemente acquisito da LabAnalysis, precedentemente gestito dal Dr. Luigi Rigano, cosmetologo con più di 40 anni di esperienza, è una realtà che mi ha permesso di interfacciarmi con diversi aspetti del settore cosmetico, per una visione a 360º: regolatorio, studio applicativo di nuove materie prime, assistenza alla produzione, testing, ecc. I progetti di formulazione che ci viene chiesto di svolgere sono spesso delle piccole sfide, prodotti innovativi con molteplici requisiti, e per questo molto stimolanti.

Ha scelto di laurearsi in Farmacia. Ci può raccontare cosa l’ha portata verso le materie STEM? È sempre stata portata fin da piccola oppure è una passione maturata alle superiori?

Fin dalle scuole elementari, le lezioni di matematica e scienze erano le mie preferite, mi sembrava di scoprire quasi qualcosa di magico. Al liceo ho sicuramente avuto conferma della mia preferenza verso le materie scientifiche, se pur con qualche normale difficoltà. A diciannove anni, con la scelta dell’università, ho iniziato un percorso che non sapevo esattamente dove mi avrebbe portata; però, nello studiare cosa avviene nelle nostre cellule e come poter interagire con sistemi così complessi, ho riscoperto quel senso di magia che percepivo da piccola.

È entrata in azienda per preparare la tesi, e poi è rimasta ad occuparsi di R&D. Ci può descrivere il suo percorso? Com’è giunta a questo settore particolare? Cosa l’ha motivata nella scelta?

Mentirei a dire che il mio sogno era quello di formulare cosmetici, non sapevo neanche bene in cosa consistesse. Sono giunta a questo punto a seguito di piccole scelte, a partire da quella di laurearmi con una tesi sperimentale, che per i farmacisti non è obbligatoria. Mi sembrava un’ottima opportunità per indirizzarmi verso il mondo del lavoro ed ero al contempo consapevole che lavorare dietro al bancone di una farmacia non fosse la mia strada. Da consumatrice, la cosmesi mi aveva sempre affascinato; inoltre, ci spiegarono che il settore cosmetico, rispetto al farmaceutico, fosse più rapido e dinamico. Pensai di tentare. In tutta onestà, anche dopo i primi mesi in laboratorio, faticavo a comprendere l’attività formulativa. Credevo proprio di aver sbagliato; poi, piano piano e mettendoci anche un po’ di testardaggine, cominciai ad afferrare il meccanismo. Potevo applicare molto di quello che avevo studiato all’università. Non mi è mai interessato se molti vedono la cosmesi come un settore di minor rilievo rispetto ad altri ambiti scientifici; sono felice del piccolo contributo che possiamo dare al benessere delle persone.

Secondo lei esistono ancora barriere che impediscono alle ragazzine di avvicinarsi agli studi STEM? Esistono ancora ostacoli che impediscono alle giovani donne di fare carriera nelle professioni STEM? Cosa potremmo fare per migliorare le cose?

Per quanto riguarda il percorso formativo, non ritengo ci siano ostacoli per le ragazze. Le problematiche subentrano nel mondo del lavoro. Nel caso del settore cosmetico, le figure femminili superano quelle maschili numericamente parlando; ma, come del resto in qualsiasi altro ambito scientifico e non, nei ruoli di gestione e comando troviamo una prevalenza maschile. Alle donne vengono ancora date minori opportunità, sia di responsabilità che economiche; in sede di colloquio è ad una donna che si chiede se è sposata o se pensa in futuro di avere figli. Credo che a tutte sia stata posta la domanda “Signora o Signorina?”. “Dottoressa, grazie”. È un problema culturale. Si stanno già facendo passi avanti, ma il cambiamento è molto lento; del resto, non si può trasformare la mentalità di una società con lo scoccare delle dita. Immagino che parte della chiave stia nella equa distribuzione degli impegni famigliari, che porterebbe ad eque possibilità a livello lavorativo. Il modello ci viene già mostrato da altre nazioni europee, ma ci vorrà tempo. Quello che spero sia superfluo dire, ad oggi, è che le capacità e le competenze non dipendono certo dal genere; ciascun individuo possiede le proprie propensioni e costruisce la propria esperienza professionale. Attualmente, purtroppo, le donne devono però dimostrare qualcosa in più rispetto ad un uomo per ottenere un pari ruolo. Mi auguro che un giorno la meritocrazia non sia più un’utopia (ma questo vale sia per le donne che per gli uomini).

Spesso le ragazze considerano le materie STEM poco “creative”, le vedono come materie fredde e aride, oppure capita che pur avendo bei voti abbiano timore di non farcela a proseguire. Lei cosa ne pensa? Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

In realtà penso che la scelta dell’indirizzo di studio non debba essere dettata solo dai voti. Certo, è importante riconoscere le proprie attitudini e i propri limiti, ma non c’è motivo di farsi vincere dall’insicurezza. Chi affronta un percorso STEM non è necessariamente un genio, credo che in pochi possano dire che l’università sia stata una passeggiata. Se si ha la passione, metterci l’impegno risulta meno difficile. Le strade che si aprono dopo una laurea STEM sono molteplici, non bisogna prefissarsi la meta prima ancora di essere partiti. Per quanto riguarda la creatività, credo che ne serva sempre una certa dose, o almeno nella formulazione cosmetica. Forse è da un pizzico in più di creatività che nascono alcune piccole o grandi scoperte.