Matilde Grecchi

MATEMATICO & INGEGNERE, HEAD OF DATA SCIENCE, “DIGITAL INNOVATION LAB HEAD COORDINATOR” - ZUCCHETTI

Cosa l’ha portata a laurearsi in ingegneria e poi a focalizzarsi sul Data Science?

In realtà è stato un percorso naturale legato alla mia carriera accademica iniziata con una laurea Triennale e poi completata con una laurea Specialistica in Matematica Applicata ad indirizzo Statistico conseguita c/o l’Università Cattolica di Milano.

Iniziato il mio percorso professionale in ambito industriale con attività legate all’ambito del controllo statistico della qualità mi sono poi avvicinata sempre di più al mondo ingegneristico conseguendo un’abilitazione in Acustica Ambientale c/o il Politecnico di Milano e Regione Lombardia fino a decidere di iscrivermi in parallelo ad una laurea Triennale a distanza c/o il Politecnico di Torino per terminare con una Laurea Magistrale in Ingegneria Industriale, indirizzo Management, c/o il Politecnico di Milano.

Quest’ultima esperienza sicuramente mi ha permesso di incontrare sul mio percorso professionale una guida, nonché relatore della mia tesi, che mi ha direzionato sempre più nel mondo della Data Science tanto da decidere, su sua proposta, di cambiare lavoro e avvicinarmi a Moxoff, spin-off del Politecnico di Milano, come Senior Data Analyst. Questo mi ha permesso di diventare a tutti gli effetti consulente in questo “nuovo” mondo, arrivando infine a consolidare a 360 gradi la mia professionalità con la bellissima esperienza fatta in McKinsey & Company all’interno del Laboratorio di Artificial Intelligence, di cui ho curato la sua crescita e il suo sviluppo sin dagli albori. In Zucchetti ho potuto così portare questa mia esperienza maturata nel corso di 10 anni nel mondo della Data Science ed essere co-founder di questo laboratorio di Innovation all’interno dell’intero gruppo.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? E’ sempre stata portata per le materie STEM?

Il sogno nel cassetto sin da piccola era quello di diventare un mastro liutaio e costruire il più bel violino che qualsiasi musicista desiderasse suonare. L’amore per i numeri, la musica e l’arte mi hanno sempre contraddistinto sin da bambina, nonché il fascino per i lavori manuali. Vedevo un gran valore nella materia e una grande soddisfazione nel creare e dare vita ad opere d’arte.

Senza alcun dubbio ho sempre avuto una predilezione e sono sempre stata portata per le materie STEM, oserei dire sin dalla nascita; questo mi ha portato poi ad essere incentivata a fare determinate scelte sulle scuole da intraprendere sia dai professori che dai miei familiari.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Per la scelta dell’università la scuola non ha avuto invece, nel mio caso, un ruolo così determinante nelle scelte fatte avendo evidenziato che non avrei avuto alcuna difficoltà ad affrontare qualsiasi tipo di università. Sicuramente è stata invece determinante, in questo caso, la mia famiglia e la lungimiranza di mio padre che, ricordo, conscio delle mie potenzialità in ambito scientifico, si mise a studiare l’evoluzione del mercato del lavoro e mi suggerì di iscrivermi ad una facoltà che non fosse così inflazionata ma che al contempo sarebbe diventata determinante per le professionalità del futuro, la capacità pertanto di estrarre valore dai numeri.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche?

Secondo me non ci sono barriere specifiche che generano discriminazioni nei confronti delle donne legate alle carriere di tipo scientifico ma è più che altro un approccio culturale esteso della società in cui viviamo e legata a tutto il contesto lavorativo. In questa direzione noto sì una discriminazione generalizzata tra carriere, cosa che si sta cercando di superare con la parità di quote rosa, in cui alcune realtà sono sicuramente più avanti di altre; è una questione di mentalità e, perché no, di cambio culturale da affrontare.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Negli ultimi anni, rispetto a quando ho iniziato il mio percorso scolastico e quello poi universitario, riscontro sicuramente una positiva e maggiore sensibilità dello Stato nell’orientare e favorire, supportandole anche economicamente, le giovani donne a questo tipo di studi.

Il passo ulteriore che possa essere fatto potrebbe essere quello di dare più spazio a livello di scuole superiori a materie come la programmazione attraverso nuovi linguaggi e l’analisi dei dati portando anche nelle scuole casi studio e testimonianze di donne che hanno spiccato in questi contesti.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Sicuramente di non temere i pregiudizi, di portare avanti con determinazione quello in cui credono e, se necessario, di “combattere” per raggiungere i propri obiettivi. Solo in questo modo si porterà valore alla società con le proprie capacità facendo quello per cui si è portati e che fa esprimere al meglio il proprio potenziale.

Non c’è soddisfazione migliore di quella di guardarsi allo specchio ogni giorno ed essere contenti per quello che si fa. Rifarei tutto quello che ho fatto e, sicuramente, non avrei potuto raggiungere questi risultati se non fossi stata così determinata e non avessi seguito un percorso di studi prima e professionale poi di questo tipo.