Michela Longo

Ingegnere, ricercatrice al MIT, insegna “Mobility Engineering” al Politecnico

Gentile Michela, si è laureata Dottore di Ricerca in Meccatronica, Informazione, Tecnologie Innovative e Metodi Matematici. Come è giunta a questa scelta? E’ sempre stata portata per le materie STEM fin da piccola?

Mi sono sempre piaciute le materie STEM, non ho mai avuto difficoltà, la matematica era un pò un gioco per me, ma comunque ho sempre fatto le cose da bambina, giocavo con le Barbie.
Poi quando ho scelto ingegneria mia mamma era spaventata, c’erano solo 3 donne. Non è stato facile. “Analisi 1” anch’io non l’ho passata al primo colpo. Terminati i miei 5 anni di Ingegneria, ho scelto poi di proseguire con il dottorato di ricerca, sapendo che avrei chiesto ancora di essere supportata moralmente ed economicamente dai miei genitori e per loro era l’ennesima sfida che mi ponevo, erano un po’ preoccupati, ma alla fine i genitori vogliono solo vederti realizzata, fare quello che ti piace; quindi dico grazie a tutti i genitori che finanziano gli studenti fuori sede.

Ha ricevuto un orientamento verso le materie STEM dalla scuola, dato che era portata?

All’orientamento in realtà mi avevano consigliato qualsiasi università, non vedevano criticità.
Erano i miei genitori che suggerivano più economia che ingegneria, ed io certamente capivo il loro punto di vista, ma ho sempre ragionato con la mia testa.
L’ingerenza dei genitori può essere un problema, come docente all’open day vedo genitori che pongono domande sull’indirizzo, lo fanno al posto dei loro figli che hanno 18-19 anni. Comprendiamo il desiderio dei genitori che vogliono vedere il figlio realizzato, ci stà, ma la scelta dell’università deve essere un desiderio del figlio.

Dopo la laurea si è specializzata al Massachusetts Institute of Technology. Come mai questa scelta?

Ad un certo punto della mia carriera, dopo tante pubblicazioni e dopo tante collaborazioni, mi mancava una parte di visiting all’estero, per avere un curriculum più forte, perciò ho partecipato a una sorta di bando, una competizione internazionale. Ho sempre puntato alto, perchè bisogna puntare più alto possibile, se poi capita che bisogna tornare indietro é sempre più semplice. Anche in questo caso i genitori mi hanno messa in guardia, ma ormai erano rassegnati: “va beh, tu le cose semplici mai”. Ricordo che per l’application, ho dormito 3 ore a notte per una settimana, ma il giorno dopo ero comunque attiva per l’adrenalina che mi sosteneva. Poi dopo un anno, i miei genitori ormai avevano pensato che non partissi più, ed invece sono arrivati i risultati e ho vinto! Così sono partita per i primi 3 mesi di ricerca al MIT, poi dopo 3 mesi ritornavo in sede per continuare l’attività di ricerca, non potevo stare via troppi mesi, andavo avanti e indietro. L’attività di ricerca continua tuttora.

Insegna al Politecnico da 10 anni, in questo periodo sono aumentate le ragazze?

Sono sempre pochissime. Io insegno a ingegneri elettrici e meccanici, in 10 anni di carriera avrò trovato una decina di ragazze. Inoltre insegno ad un nuovo corso di specializzazione “Mobility Engineering”, ma anche in questo caso ci sono pochissime donne. Abbiamo anche cercato di introdurre materie più filosofiche per loro, ad esempio etica (basilare nell’ambito della sostenibilità), materie nelle quali si potessero ritrovare, ma io sono convinta che le ragazze che scelgono questa specializzazione lo fanno perché amano le materie tecniche, altrimenti avrebbero fatto filosofia. Comunque è appena partito, lo terremo monitorato.

Oltre a tutto questo è riuscita ad avere una bella famiglia, non deve essere stato facile.

Si non è facile, a volte non dormi niente e la mattina sei trafelata, ma sono riuscita a raggiungere i miei obiettivi. Tutto diventa possibile, volere è potere se ci applichiamo con tenacia, se facciamo gruppo, se lavoriamo in team working con sinergia.

Secondo lei sono superati gli stereotipi oppure esistono ancora barriere che impediscono alle ragazze di avvicinarsi agli studi STEM? Cosa potremmo fare per migliorare le cose?

Il Poli ha bandito un certo numero di borse di studio per le donne, c’è molta attenzione, ma ad un certo punto il rischio è un po’ di andare oltre, personalmente ritengo che la scelta debba avvenire solo perchè ti rivedi in quella materia, la scelta deve partire da un nostro desiderio, deve essere una nostra passione. Qui al Poli siamo poche, ma non per questo non ci sentiamo incluse.

C’è qualche consiglio che può dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

Il problema è proprio questo, oltre alle famiglie come dicevo prima, anche il fatto che i ragazzi non seguono le proprie passioni, ma la massa. Spesso per esempio seguono gli amici, ma se sono veri amici rimangono anche se vanno a fare giurisprudenza, e se li perdono forse non erano grandi amici. Lo ripeto sempre ai ragazzi che la laurea è quel vestito su misura che vi cucite addosso, con i vostri punti di forza, ad esempio nella tesi, se parlano di quello che li appassiona ne hanno padronanza. La strada del successo è questa, devi mostrarti per quello che sei. Questo anche per le ragazze, per essere incluse prima di tutto l’umiltà, lavorare a testa bassa e se lavori ce la fai.
Nel mio caso, per esempio, non sono partita dal Politecnico, ci sono arrivata dopo, ma lavorando giorno per giorno, con umiltà, facendo gioco di squadra, sono cresciuta. Senza fare la “prima donna” solo perchè magari in una riunione sei l’unica donna, allora si che ti trovi un muro. Nella mia vita e carriera ho una frase che è il mio motto: “Non possiamo diventare ciò che vogliamo essere, rimanendo legati a ciò che siamo” – Max DePree. Dobbiamo lasciare la nostra zona di comfort (con tutte le paure lecite) solo così possiamo diventare o per lo meno cerchiamo di diventare la persona che vogliamo essere e raggiungere ciò a cui aspiriamo. Se si resta legati al passato, a una sorta di vecchio “io”, ci stiamo negando l’opportunità di crescere e scoprire tutto ciò che potremmo essere in grado di realizzare.