Michela Puddu

CO-FONDATRICE E AMMINISTRATRICE DI HAELIXA, VINCITRICE DEL PREMIO DELL’UNIONE EUROPEA PER LE DONNE INNOVATRICI

Michela Puddu, 32 anni, co-fondatrice e amministratrice di Haelixa, spin off del Politecnico di Zurigo (ETH). E’ la vincitrice del premio dell’Unione Europea per le Donne Innovatrici per la categoria Emergenti under 35. È sua l’idea di “etichette” antifrode fatte di DNA per tracciare i prodotti. Ha studiato Scienza e Tecnologia dei materiali presso l’ateneo Tor Vergata di Roma, poi ha conseguito il dottorato in ingegneria chimica al Politecnico di Zurigo.

Cosa l’ha portata a laurearsi in Scienza dei materiali?

Mi interessava capire la correlazione tra la struttura microscopica dei materiali e le loro proprietà in prodotti di uso comune, come pure l'interazione dei materiali con l'ambiente e gli organismi viventi. Nel successivo dottorato di ricerca in ingegneria chimica l’interesse è stato di sviluppare, adattare e applicare nuove tecnologie e materiali.

Cosa significa per lei essere riconosciuta tra le giovani Donne Innovatrici più promettenti sulla scena internazionale?

E’ un grande riconoscimento che mi rende fiera e dà visibilità ai risultati di anni di lavoro nella ricerca e poi nell'attività imprenditoriale. E’ un incoraggiamento a perseguire con più energia e determinazione gli obiettivi che mi sono posta come donna, come leader e come parte di un team.

Qual è il suo ruolo in Haelixa?

Sono amministratore delegato e presidente del consiglio di amministrazione, ho quindi una posizione di grande responsabilità nel garantire la gestione efficace del business e nella definizione della strategia presente e futura dell'azienda.

In una piccola realtà come la nostra mi adopero in varie funzioni: gestione finanziaria, selezione risorse umane, marketing, vendite, sviluppo mercati, comunicazione, partnership e naturalmente …massimizzare i profitti. Sono particolarmente attenta al clima aziendale per creare le migliori condizioni possibili al mio team. Cerco costantemente di migliorare il mio lavoro. E’ una bella sfida.

Ci può spiegare brevemente di cosa si occupa Haelixa?

L'azienda fornisce soluzioni e servizi per la tracciabilità dei prodotti. La tecnologia impiegata è innovativa ed unica, maturata in seno al Politecnico di Zurigo. Haelixa sviluppa un'ampia gamma di formulazioni e metodi personalizzati per soddisfare le diverse esigenze con applicazioni specifiche.

L’idea di partenza è stata quella è di risolvere il problema della tracciabilità e rendere il prodotto stesso identificabile a partire dal materiale grezzo sino al prodotto finito.

La maggior parte dei metodi di tracciabilità oggi utilizzati sono fisicamente separati dal prodotto, basti pensare alle certificazioni, alla blockchain o ai codici a barra, etichette applicati sull’imballaggio o sul prodotto finito. Questi sistemi, in cui il flusso fisico dei prodotti lungo la filiera e quello dei dati relativi ai prodotti sono slegati, possono facilitare potenziali manomissioni e alterazioni. A differenza di altre tecnologie, i nostri traccianti sopravvivono alle più estreme condizioni di elaborazione industriale, nonché alla distribuzione e allo stoccaggio, consentendo il pieno controllo della catena di fornitura end-to-end.

Il tracciante si compone di sequenze di DNA incapsulate all'interno di particelle invisibili e robuste che lo proteggono da alterazioni e lo rendono duraturo. I traccianti al DNA sono innocui e a loro volta non alterano i prodotti, tra l’altro vengono introdotti in quantità infinitesimali. Con l’utilizzo del DNA, è disponibile un numero illimitato di impronte digitali per la tracciabilità delle più disparate sostanze. Ciascun tracciante al DNA riporta un codice univoco e facile da identificare tramite convenzionali tecniche bio-analitiche utilizzate per esempio nelle analisi cliniche e forensi. In ogni momento si può effettuare una lettura del codice con un semplice test effettuato con un dispositivo portatile.

Grazie alla caratteristica di questa tecnologia si forniscono immediatamente le informazioni richieste con assoluta certezza e trasparenza a tutti gli stakeholder incluso il consumatore finale, quali: origine, lotto, data di produzione, autenticità, rilevamento della miscelazione e composizione reale del prodotto. Si garantisce assoluta trasparenza e sostenibilità in tutta la filiera produttiva.

Siamo attualmente in grado di verificare la provenienza delle pietre preziose e, da poco siamo entrati nel mercato del tessile e della moda, dove ci occupiamo della tracciabilità delle fibre naturali come il cotone organico. Per il settore agroalimentare si è in attesa di avere tutte le approvazioni necessarie.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? E’ sempre stata portata per le materie STEM?

Sono sempre stata considerata una studentessa brillante, portata sia per le materie letterarie che scientifiche. Ero molto affascinata dalla medicina e, fino all’ultimo, sono stata indecisa se percorrere gli studi di Medicina o Scienze dei Materiali.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Sono stata ammessa su segnalazione del liceo classico da me frequentato, ad un corso di orientamento universitario organizzato dalla Scuola Normale Superiore di Pisa. E’ stata sicuramente un’esperienza formativa importante che ha contribuito alla scelta dei miei successivi studi universitari.

La mia famiglia ha sempre supportato le mie scelte, inclusa quella di trasferirmi in un’altra nazione. Sono stata educata ad essere ricettiva a nuove idee ed esperienze. Ho sviluppato un atteggiamento di apertura verso il nuovo e diverso e, con esso la capacità di incorporare queste novità nel mio modo di agire e pensare, di cercare o creare contesti lavorativi e sociali stimolanti.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà?

Nonostante siano stati fatti dei progressi, la piena affermazione femminile stenta ad essere realizzata in numerosi ambiti, ricerca inclusa. Inoltre il gap di genere cresce progressivamente risalendo la piramide gerarchica della ricerca e della formazione. Tra le barriere che le donne trovano a dover affrontare se vogliono intraprendere una carriera nel mondo accademico e della ricerca, ci sono la severità dei giudizi, la disincentivazione a proseguire la ricerca specie in caso di maternità.

La mia esperienza al politecnico di Zurigo è stata molto positiva, in quanto l’istituto si impegna fortemente a garantire pari opportunità di studio, di ricerca e di lavoro. In ambito lavorativo ho incontrato qualche difficolta in più, riscontrando ad esempio di non essere “presa sul serio” in alcune circostanze, soprattutto in contesti industriali a forte dominanza maschile.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Credo che la scarsa presenza femminile nella ricerca scientifica sia soprattutto il frutto di convenzioni sociali e culturali. Un’opera di sensibilizzazione più decisiva che permetta di superare i preconcetti e il divario di genere, a partire da quello della scarsa predisposizione delle donne verso la tecnologia e la scienza è a mio parere un’azione necessaria. Per scardinare questi stereotipi e preconcetti è necessario agire sin dai primi livelli dell’istruzione.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Di seguire con determinazione le proprie inclinazioni e valorizzare il proprio talento sia all’interno del percorso di studi che nelle successive scelte professionali. Di avere sempre un atteggiamento di curiosità e di apertura al nuovo. Di non rimanere vittime di condizioni poco gratificanti o zavorrate da pregiudizi culturali, ma tirare dritto e confidare nelle proprie scelte e capacità.