Sara Gandini

Sara Gandini è epidemiologa/biostatistica e direttrice dal 2018 dell’unità “Molecular and Pharmaco-Epidemiology” presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano (IEO) e docente dell’European School of Molecular Medicine di Milano (SEMM). Insegna come professoressa a contratto di statistica medica presso l’Università Statale di Milano e nel 2017 ottiene l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professoressa universitaria.  E autrice di più di 200 articoli su riviste scientifiche internazionali.

Per vent’anni ha partecipato attivamente alla Libreria delle donne di Milano organizzando incontri pubblici e scrivendo articoli in particolare per le riviste femministe Via Dogana e “Per amore del mondo” della comunità filosofica di Diotima.

Ci può spiegare a grandi linee di cosa si occupa?

Faccio ricerca in ambito epidemiologico sui fattori di rischio dei tumori, offro consulenza statistica e metodologica per la progettazione di sperimentazioni cliniche ed effettuo analisi statistiche dei dati e interpretazione dei risultati degli studi osservazionali e clinici per lo studio della prognosi e la cura dei tumori. Negli ultimi anni il mio principale interesse ha riguardato in particolare l'epidemiologia del melanoma, il ruolo del microbiota nel tumore al colon, la vitamina D e in generale un nuovo uso di vecchi farmaci già in commercio per la prevenzione e la cura del cancro.

Quando era piccola, cosa sognava di fare da grande?

Da ragazzina non avevo una idea precisa sul mio futuro professionale. Mi sono indirizzata piano piano verso quello che è poi diventato il mio lavoro e a volte dico che è stato il caso a decidere per me. Ho sempre studiato con passione le materie scientifiche ma non avevo chiaro cosa avrei fatto. All’università ha cominciato a formarsi il sogno di fare la ricercatrice ma di fatto sono stati i casi della vita, incontri fortuiti e tanto tanto impegno a farmi diventare quello che sono.

Come è arrivata alla laurea in Statistica e alla specializzazione in Biometria?

Sono sempre stata portata per la matematica e la geometria. Disegnare funzioni nello spazio mi affascinava. Ho scelto la facoltà di statistica perché speravo mi insegnasse dei metodi per osservare e descrivere la realtà traendone delle linee di fondo. Mi sembrava un modo per applicare la matematica alla realtà, per dare un contributo concreto alla lettura del mondo grazie a modelli e strumenti matematici.

Qual è stato il suo percorso di studi?

Mi sono laureata a Bologna grazie a varie borse di studio che mi hanno permesso di studiare nonostante la mia famiglia avesse difficoltà economiche. Grazie al 110 e lode della laurea ho ottenuto anche una borsa di studio per iscrivermi ad un master in Inghilterra, dove mi sono specializzata in biometria: la statistica applicata alla medicina. In seguito, lavorando e studiando, ho ottenuto un dottorato in epidemiologia sempre in Inghilterra, facendo ricerca sui fattori di rischio dei tumori della pelle.

E’ sempre stata portata per le materie STEM? Quando è nata questa sua passione?

Fin dalle elementari avevo una predilezione per la matematica. La mia maestra diceva che in un laboratorio sui numeri, da lei proposto, avevo inventato i numeri negativi. Mi aveva reso orgogliosa di me stessa, delle mie capacità, e questo è importante specialmente per le donne che si sentono spesso inadeguate, ma sufficientemente capaci, nel mondo del lavoro.

La scuola le ha fornito un orientamento in questo senso?

A me avevano consigliato il liceo scientifico, ma per esempio a mia figlia, che attualmente fa il liceo scientifico ed è molto portata per matematica, fisica e biologia, alle medie avevano consigliato di evitare il liceo scientifico. Fortunatamente mi sono fidata del mio istinto e ho ascoltato mia figlia, mi sono impuntata e non ho ascoltato il giudizio dei professori. Ogni anno, quando arriva la pagella finale, mando loro una mail in cui li aggiorno sui traguardi di mia figlia, nella speranza che in futuro ascoltino di più i ragazzi sui loro desideri e si fidino maggiormente del giudizio delle madri.

La famiglia, gli amici, l’hanno sostenuta nella scelta?

I miei genitori, nonostante le difficoltà economiche, mi hanno sempre supportato anche nei momenti più difficili, soprattutto quando in Inghilterra ero sola e avevo dei problemi con la lingua (avevo studiato francese al liceo): mi hanno sempre incitato a non mollare.

Nel suo percorso di studi o nel mondo del lavoro, ha mai incontrato difficoltà in quanto donna? Ricorda qualche episodio in particolare?

Fortunatamente nel mio posto di lavoro abbiamo un orario molto flessibile per cui la gestione dei figli non è stata problematica. Non dovevo chiedere permessi per uscire e mi sono sempre gestita il tempo liberamente. Inoltre, il mio compagno mi ha sempre sostenuto, sia in casa che con mia figlia, anche quando era piccola ed io dovevo viaggiare all’estero per lavoro.

Le situazioni che ricordo mi hanno messo in difficoltà sono quelle in cui i capi, regolarmente maschi, davano più credito ai colleghi maschi e guardavano con condiscendenza le colleghe o si permettevano battute retrive sull’aspetto estetico delle donne con cui lavorano. Non mi sono mai capitate molestie ma sono comuni in ambiente medico/scientifico le situazioni imbarazzanti in cui uomini di potere mettono a disagio le donne in quanto tali, specialmente le più giovani.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Puntare sulle relazioni con altre scienziate, cercare mediazioni femminili, individuare esperte cui chiedere consigli, cui ispirarsi e affidarsi.
Oramai tutte le statistiche rivelano una maggiore e radicata presenza in diversi ambiti scientifici di giovani donne. Spesso non arrivano ai vertici delle carriere perché faticano ad adattarsi ad un mondo del lavoro in cui il metro di misura è dominato da: maggior guadagno, carriera, competizione sfrenata. Cercano generalmente più agio, qualità e senso del lavoro, relazioni interpersonali soddisfacenti, tempi più elastici, anche perché molte di loro non vogliono rinunciare a fare figli e sacrificare la loro vita alla carriera.

Per questo consiglio di puntare su relazioni significative fra donne. Far circolare maggiore autorità femminile aiuta ad andare vero un’altra direzione che non implichi rinunciare a se stesse e ai propri desideri di vita. La libertà femminile nasce da relazioni significative fra donne, anche perché aiutano a non sentirsi inadeguate se non si segue la misura dominante. Far riferimento a figure storiche come Madame Curie, Evelyn Fox Keller, Barbara Mc Clinton e Margherita Hack è altrettanto importante perché sono riuscite anche dove la società maschile celebra i suoi trionfi e quindi ci permettono di attingere forza femminile anche in contesti sfavorevoli.