Silvia Rossi

Professoressa presso l’Università Federico II di Napoli, Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell'Informazione.

Prof.ssa Rossi ha scelto di laurearsi in fisica, ci può raccontare come è nata la sua passione per le materie STEM? Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? Cosa l’ha indirizzata a questo corso di studi?

La passione è nata durante gli anni del liceo. Ho frequentato un liceo scientifico e durante il mio percorso scolastico ho sempre trovato le materie STEM più nelle “mie corde”. Da piccola sognavo di fare carriera nel mondo delle scienze ma non immaginavo di rimanere all’università come docente.

Oggi insegna al Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell'Informazione dell’Università Federico II di Napoli. Ci può raccontare il suo percorso lavorativo dopo la laurea? Cosa l’ha portata a scegliere l’insegnamento?

Dopo la laurea ho iniziato con qualche colloquio di lavoro ed ho avuto qualche proposta anche abbastanza facilmente. L’idea però di continuare gli studi e di fare qualche esperienza in altre realtà estere mi ha spinto a iniziare un dottorato di ricerca. Devo dire che inizialmente il mio obiettivo era di cercare una posizione all’estero e non avevo messo in conto la possibilità di tornare a Napoli. Il che è avvenuto invece per una serie di casualità.
Durante il dottorato ho iniziato subito anche l’attività di insegnamento. Lavorare con i/le ragazzi/e ed insegnare loro è una sfida continua che ti motiva a proseguire.

Dalla sua esperienza in Università, insegnando materie STEM, ci può dire se ha notato un aumento delle studentesse negli ultimi anni? Parlando con loro ha notato difficoltà? In generale secondo lei, ci sono ancora barriere nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche?

Ritengo che ci siano ancora notevoli barriere all’entrata nel mondo della ricerca, dell’insegnamento e del lavoro di cui sono vittime le donne. L’ambiente universitario, in generale, non garantisce ancora un’adeguata parità di genere e di accesso alle varie opportunità. Per quanto le pari opportunità continuino ad essere oggetto di discussione, le azioni reali per ottenerle sono sempre poco concrete e non c’è mai una reale valutazione degli effetti delle attività poste in essere. Il mio laboratorio di ricerca è tipicamente frequentato da ragazzi e ragazze equamente, ma è un caso raro.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Ritengo che non si stia facendo abbastanza, motivo per cui colleghi e studenti continuano ad andare a studiare e lavorare all’estero, dove la bravura e il merito vengono riconosciuti in maniera adeguata, anche e soprattutto economicamente. Ci vogliono più donne che facciano da modello per le studentesse e un ambiente lavorativo che realmente tuteli e supporti la carriera di giovani donne.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Di non fermarsi davanti a nessuna difficoltà e di non scoraggiarsi di fronte ai numerosi ostacoli che si frappongono ai loro sogni. Ma soprattutto quella di darsi una mano tra di loro sempre!