Simona Roggero

Co-Founder & CEO Fidelio Medical

Gentile Simona, lei ha una Laurea in Medicina, con specializzazione e Ph.D. in Pediatria. Ci può
raccontare cosa l’ha portata verso questo corso di laurea?

Sono sempre stata naturalmente attratta da professioni che fanno “sporcare le mani” e intendono generare un impatto su problemi concreti, unendo competenze trasversali, tecnico-scientifiche e di relazione. Ho scelto la facoltà di medicina dietro la spinta di esempi di professionisti medici che ho conosciuto e che univano la scienza all’abilità di ascolto del paziente e dedizione a cercare, anche mediante network e scambio, percorsi di cura e informazione adeguata. Da allora la curiosità mi ha portato ad approfondire vari ambiti dell’ematologia pediatrica e delle malattie rare, a collaborare alla creazione di network di cura per malattie ematologiche rare a supporto di bisogni concreti di medici e pazienti, a seguire alcuni progetti di cooperazione internazionale, e ora a dedicarmi all’innovazione medicale.

Dal 2020 ha fondato e dirige la start up Fidelio Medical che ha vinto il “Premio Nazionale dell’Innovazione 2021”. Ci può descrivere di cosa si tratta nello specifico? Ho letto che è una soluzione diagnostica con tecnologia digitale brevettata per monitorare in modo semplice e immediato l’anemia da carenza di ferro, è corretto?

Sviluppiamo soluzioni diagnostiche e digitali per l’anemia da carenza da ferro. Un problema diffuso, soprattutto tra donne, bambini, persone anziane e con malattie croniche, ma spesso sottovalutato. La nostra tecnologia è a supporto della medicina territoriale, sia ambulatori medici che farmacie, per integrare percorsi di diagnosi e monitoraggio durante visite e controlli di salute. Il vantaggio è sia per operatori sanitari che utenti finali.

In Italia sono pochissime le startup fondate da donne, ma le cose stanno cambiando, nei primi mesi del 2022 c’è stata un’accelerazione nella creazione di nuove start up da parte di founder donne, l’incremento è stato di oltre il 30% rispetto al 2020. Lei come è arrivata a questa scelta imprenditoriale?

Diventare imprenditrice è stata una scelta dettata dal mio “bisogno” di contribuire all’innovazione nel campo medicale. In oltre 10 anni di professione medica, soprattutto nell’ambito di malattie rare e croniche, ho toccato con mano la frustrazione mia e dei miei colleghi di non riuscire a impattare maggiormente rispetto a giuste richieste di assistenza e salute, da parte di persone malate e dei loro familiari.
Quando nel 2014 mi è stato chiesto di affiancare una startup in ambito medicale come consulente medico, ho colto l’occasione. Questa prima esperienza è stata fondamentale per iniziare ad entrare concretamente in un mondo professionale dalle regole molto diverse rispetto alle corsie ospedaliere. In questo mondo la scienza è tutt’altro che secondaria, i progetti di ricerca vengono valutati e sviluppati con metodologia rigorosa, spesso insieme a soggetti industriali, e la capacità di network e scambio è fondamentale per il successo. Essere imprenditrice è una professione che richiede molta “contaminazione”. Io ho cercato di lavorare e sedermi al tavolo con imprenditrici
nell’ambito del mondo della sanità, non solo a livello italiano. C’è tanto da imparare
guardando alle loro esperienze e alle aziende che hanno costruito in questi anni, con la
forte motivazione di portare nuovi modelli di cura e assistenza, talora mediante farmaci o
dispositivi, talora mediante servizi, in modo da permettere a un numero maggiore di
persone di essere seguite con la qualità che meritano. Il mio bisogno iniziale di contribuire all’innovazione insieme alla contaminazione di persone che l’hanno concretamente fatta è stata la spinta più grande a convincermi a proseguire su questa strada. E oggi sono completamente dedicata a questa mia attività di impresa.

Avviare una startup non è facile, penso per esempio al costo. Secondo Unimpresa in Italia,
solo per spese legali, adempimenti amministrativi e oneri fiscali, si pagano oltre 4 mila euro, mentre in paesi come Spagna, Germania e Francia servono fra i 300 e 600 euro. Per lei come è stato? Ha trovato ostacoli in quanto donna?

Intraprendere un’attività imprenditoriale richiede in primis pianificazione e consapevolezza di quanto necessario, sia
per valutarne l’opportunità, sia per preparare non solo l’avvio ma il mantenimento almeno
nei primi anni dell’attività. Per me pianificare e imparare a conoscere questa professione,
tramite il confronto diretto con imprenditori e imprenditrici che hanno già intrapreso questa strada, è stato fondamentale. I costi di avvio sono l’inizio di un percorso di “costi” e
adempienze, diversamente declinati o supportati a seconda del paese in cui si decide di intraprendere l’attività imprenditoriale, che l’imprenditrice deve conoscere fin da subito per mettere in essere strategie per affrontarli.

Quale consiglio si sente di dare alle giovani donne che vorrebbero lanciare una propria
startup ma hanno tante incertezze e timori?

Si tratta di un percorso professionale intenso e che richiede responsabilità anche nei confronti del team che si coinvolge. Un percorso che ha più probabilità di riuscita se gli dedica la propria piena attenzione e disponibilità.
Incertezze e timori sono naturali, agli inizi e anche dopo: è sano non affrontare una scelta
di questo tipo in maniera superficiale.
Il mio consiglio è circondarsi fin dagli inizi di persone esperte, che sappiano dare consigli
oggettivi di cui fidarsi, anche critiche, per motivare in modo oggettivo a proseguire (o no) questa scelta importante.
Il vero ostacolo alla realizzazione dell’obiettivo non sono le paure, ma l’autoreferenzialità, la poca attitudine alla critica, la superficialità. In tutte le professioni, ma nell’imprenditoria sono errori che rischiano di diventare determinanti.

https://fideliomed.com

articolo 10 dicembre 2021
La startup torinese Fidelio Medical sul gradino più alto del podio al “Premio nazionale
dell’Innovazione 2021”
https://www.torinotoday.it/fidelio-medical-premio-nazionale-innovazione-2021.html