Valentina Alice Bracchi

ricercatrice in paleontologia e paleoecologia

Oggi è borsista di ricerca al Dipartimento di Scienze dell’ambiente e della terra dell’Università Bicocca, ci può raccontare in poche parole di cosa si occupa?

Esattamente, borsista di ricerca nell’ambito di una convenzione tra l’Università degli studi di Milano – Bicocca e l’Area Marina Protetta di Villasimius (SU) per la realizzazione del progetto italiano per la Strategia Marina.
Mi occupo della caratterizzazione e del monitoraggio dei fondi a rodoliti.
Le rodoliti, letteralmente “rocce rosse”, sono piccole biocostruzioni (strutture fatte da organismi) ad alghe calcaree. Queste alghe secernono uno scheletro mineralizzato e sono in grado di creare sedimenti marini “viventi”, un po’ come i reef tropicali.

I fondi a rodoliti e alcune delle specie ad essi associate sono inseriti nelle legislazioni europee volte alla conservazione e gestione sostenibile dell’ambiente marino, come appunto la Strategia Marina. Rappresentano un hot-spot di biodiversità, fondamentale per l’ecosistema.
Più specificatamente, io mi occupo proprio dello studio di queste alghe e di alcuni macro-invertebrati ad esse associate, cercando di capire le dinamiche di sviluppo e sopravvivenza di questi fondi e di svelarne i segreti nascosti. Ad esempio: lo scheletro di queste alghe rappresenta un archivio paleoclimatico strategico per capire l’evoluzione di questi habitat nel tempo, da prima dell’uomo ad oggi. La storia che possiamo svelare e ricostruire risulta poi fondamentale per immaginare gli scenari futuri possibili nell’ambito del cambiamento climatico in atto.

Quando era piccola cosa sognava di fare da grande? E’ sempre stata portata per le materie STEM?

Quando ero piccola, sognavo come tutti mille cose diverse al mese. Paleontologa e paleoecologa, devo ammettere, proprio poco. Eppure.
Sicuramente ho sempre avuto una propensione per la natura e in particolare il mare.
Devo dire che i miei genitori hanno contribuito non poco, avendomi portato sempre in giro per l’Italia per le vacanze, a rendermi una persona curiosa.
In realtà poi alle scuole medie ho avuto una professoressa di italiano molto valida che mi ha indirizzata verso la letteratura. E’ così che mi sono iscritta a un liceo linguistico. Durante gli anni del liceo mi sono un po’ disinnamorata delle materie umanistiche e quando è stato il momento di scegliere l’università (perché avevo già deciso che l’avrei frequentata) ho ascoltato questa mia propensione verso l’ambiente naturale e quindi verso materie STEM. Più che essere portata quindi, ne ero sicuramente incuriosita.

Dopo il diploma al liceo linguistico, si è laureata in Scienze Geologiche ottenendo poi un dottorato nel 2012. Cosa l’ha portata a scegliere questo corso di studi? La scuola le ha fornito un orientamento? La sua famiglia l’ha sostenuta nella scelta?

Credo che la scelta dopo il liceo sia stata molto più sensata e oculata di quanto non sia stata la scelta alla fine delle scuole medie inferiori. Ero molto più cosciente di voler studiare e cosa studiare soprattutto.
Quando è stato il momento di scegliere il corso di studi all’università, ho esplorato tutte le possibilità nell’ambito delle materie STEM. Ho sfruttato l’orientamento fornito dalla scuola, anche se essendo la scuola in provincia di Bergamo, l’orientamento si era limitato alle offerte dell’Università di Bergamo. Io ho considerato autonomamente le offerte non solo di regione Lombardia, ma anche di altre regioni e poi ho valutato la mia scelta anche in base alle possibilità economiche della mia famiglia.
Dal punto di vista della scelta, ricaduta sul corso di laurea di Scienze Geologiche, diciamo che tra tutte le materie STEM credo che geologia sia la più rock di tutte. Una materia super affascinante su tutti i fronti, anche quelli che non ho approfondito in seguito.
Ammetto però anche di aver avuto paura nel valutare altre scelte su scienze di base, tipo chimica o fisica, perché cosciente della mia formazione limitata: al liceo avevamo fatto davvero poco e io non mi sentivo all’altezza.
Certo poi scegliendo geologia ho dovuto fare gli straordinari nello studio, essendo questa una materia STEM molto complessa che prevede conoscenze di molte altre materie STEM.
Esplorando le varie possibilità, ho scoperto che proprio a Milano esisteva un corso di laurea in scienze Geologiche con indirizzo marino. Non ho avuto dubbi sulla scelta.

Ci sono barriere secondo lei che generano discriminazione nei confronti delle donne che vogliono entrare o avanzare nelle carriere scientifiche? Nel suo percorso lavorativo, ha mai incontrato difficoltà?

Spiace dirlo, ma la risposta è si ed eccome.
Fare scienza significa stare sempre in allenamento: studiare, informarsi, tentare, sbagliare, rincominciare. Insomma una sfida continua, che riserva soddisfazioni enormi ma che comporta anche tantissimo sacrificio.
Una donna ha tutte le caratteristiche necessarie per poter sostenere questo tipo di carriera.
Nella vita di una donna però, il momento in cui ci si aspetta (e tra poco torno su questo aspetto) che una persona dia il massimo, e qui mi riferisco nello specifico alla carriera accademica, coincide anche con il periodo di costruirsi una famiglia. Che inevitabilmente si traduce nel non avere tutte le energie giuste per affrontare quanto sopra.
Purtroppo però pare che una le sue cartucce lavorative migliori le debba “sparare” tra i 30 e i 40 anni. Questo è un pregiudizio che comporta che tante donne non ce la facciano o facciano sì, ma con una fatica immane e comunque riescano a stabilizzarsi molto dopo i colleghi maschi.
Invece io credo che le carriere lavorative, al giorno d’oggi poi ancor di più, siano lunghe e forse dovremmo entrare nell’idea che una donna, così come un uomo, possa arrivare al proprio apice lavorativo più avanti.
Personalmente quando, anche se in altri ambiti, si è cominciato a parlare di quote rosa non ero molto favorevole. Non pensavo che le donne dovessero essere trattate come una specie protetta. Ora sì: è l’unico modo per garantirci lo spazio, poi quando sarà consuetudine, ne riparleremo.

Poi c’è un altro genere di difficoltà che ho incontrato e incontro tuttora: il pregiudizio latente di colleghi, amici e in generale la società verso una donna e le sue capacità.
Questo è l’aspetto che personalmente ho sopportato meno e che non tollero tuttora.
Ci sono due episodi che ricordo, oggi con un sorriso, ma che al momento mi hanno fatto riflettere molto.
Un collega, che al rientro dalla seconda maternità, mi ha chiesto come facevo a conciliare tutto. Fossi stato un maschio non me l’avrebbe mai chiesto.
E poi un altro forse ancora più grave ma che da un bello spaccato del problema.
Una amica, giovane madre come me allora. Dovevo partire per una missione di tre settimane, avevo già due bambini allora. E questa persona mi dice: “ Ah, io non so come fai. Io non ce la farei”. Eccolo lì, il giudizio. Queste parole, poi dette da un’altra donna, hanno fatto male.

A suo parere, l’Italia sta facendo abbastanza per orientare le giovani donne agli studi STEM? Cosa bisognerebbe fare per migliorare le cose?

Ci stiamo provando, ma credo che la strada sia ancora lunga.
Da mamma sto cercando di far capire ai miei figli (un maschio e una femmina) che non ci sono limiti a quello che ci piace fare nel rispetto degli altri. Che non ci sono schemi precostituiti.
Però è dura.
Dovremmo scardinare una mentalità che è ancora insita nella nostra società, legata alle differenze di genere. Fa ancora clamore vedere una donna che fa la giardiniera o la camionista, ma anche per le geologhe non è facile.
Poi c’è un altro aspetto, secondo me importante. Bisognerebbe insegnare scienza in un modo più accattivante.
Tutte le scuole dovrebbero avere laboratori attivi e insegnanti capaci di usarli. Io alle medie non ho mai visto un laboratorio (esisteva ma era chiuso perché completamente sfornito). Mai. Neanche uno. E infatti alla fine ha fatto breccia nel mio cuore la brava professoressa di italiano.
Anche le gite dovrebbero cambiare e orientarsi anche alle visite scientifiche. L’Italia è la culla della cultura e con questo conviviamo benissimo, ma anche la scienza o fare scienza è cultura. E forse questo dovremmo incominciare a capirlo. Si può fare la settimana nella capitale europea a vedere monumenti e ricostruire la storia, così come la settimana in montagna a capire la geologia del proprio territorio.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada?

Di non avere paura. Di farlo. Di provarci.
Io ho avuto il sostegno dei miei famigliari, ma so che in cuor loro alle volte hanno pensato fossi un po’ pazza Anche io lo penso di me ogni tanto. Invece ho solo inseguito e continuo ad inseguire il mio sogno. Ho avuto anche la fortuna di trovarmi in un gruppo di lavoro attuale dove incredibilmente la “quota rosa” è dominante, ma non è solo il fattore di lavorare con altre donne: sono persone che credono che non ci siano limiti nella vita. Questo il nostro punto forza.
La barca naviga in direzione “Voglio essere felice nella vita”, certo non senza incontrare qualche tempesta ogni tanto.