Valeria Carli

Amministratore delegato Eico Novachem

Gentile Valeria, lei ha una laurea in Ingegneria Edile al Politecnico di Milano. Ci può raccontare cosa l’ha portata a scegliere le materie STEM?

Fin da piccola ho sempre avuto una predilezione per le materie scientifiche, non solo a scuola, ma anche nei miei passatempi, il che a ripensarci ora ha anche spunti divertenti. Per esempio, pur di non studiare storia o educazione civica, ma dovendo

Ha scelto poi di lavorare per l’impresa di famiglia Eico Novachem, di cui ora è amministratore delegato. In azienda coordina diversi settori, tra cui quello cosmetico, anche dal punto di vista marketing e digital. Ci può descrivere il suo percorso professionale e il suo lavoro attuale?

La mia primissima esperienza è stata in uno studio di ingegneria, dove mi sono occupata di progettazione e strutture; poi sono passata all’informatica e per 3 anni mi sono occupata di programmazione in Cobol e DB2 (che ho imparato in un mese) e architettura di sistemi, anche presso i clienti finali. Dopo queste due esperienze esterne, c’è stata la “chiamata alle armi” da parte della famiglia e così sono entrata in Eico Novachem per seguire il settore Lubrificanti (oli e grassi motore) da un punto di vista tecnico. Nel corso di Laurea in Ingegneria ho sostenuto solo 3 esami di chimica e tutti e tre di inorganica, perciò ho imparato la chimica che mi serve ora soltanto “sul campo”. Grazie al colloquio con clienti e colleghi ho potuto costruire il know-how necessario, ma senza la preparazione di base ricevuta al Politecnico, non avrei potuto approcciare determinati argomenti.
Il settore Lubrificanti è cresciuto, mi è stata affidata anche la responsabilità commerciale e mi si sono aggiunti altri settori e funzioni, tra cui quella centrale del rapporto con i fornitori e la ricerca di nuovi prodotti. Tra questi ci sono stati alcuni fornitori del settore Cosmetico.
Ho così ampliato il nostro portafoglio materie prime di questo settore e ne ho coordinato la vendita.
Negli ultimi anni è cresciuta l’esigenza di una digital transformation per l’azienda e di un approccio ad un marketing più innovativo. Ho così deciso di iniziare ad applicarli proprio al settore cosmetico, non solo perché è il più ricettivo in termini di digital e in-bound marketing, ma anche perché in questo settore riesco ad esprimere più creatività.

A suo parere, oggi esistono ancora barriere che impediscono alle giovani donne di scegliere studi STEM o di fare carriera in quelle professioni? Cosa si potrebbe fare per migliorare le cose?

Quando ho conseguito il diploma di Maturità Scientifica, nei lontani anni ’90, la commissione mi ha chiesto se avessi già scelto la facoltà che avrei voluto seguire dopo il liceo e alla risposta “Ingegneria” sono seguiti commenti degni di un collegio di fine ‘600. Non credevo alle mie orecchie e li ricordo ancora. Io credo e spero che oggi le cose siano diverse. Sono nata e vivo a Milano, perciò forse respiro un’aria di privilegio e di maggiore apertura, ma non mi sembra che oggi ci siano impedimenti alle ragazze nella scelta degli studi STEM.
Ci sono invece ahimè fastidiosi impedimenti e difficoltà alla carriera nelle professioni STEM. Al di là delle statistiche oggettive che vedono la retribuzione media femminile sempre inferiore a quella maschile a parità di ruoli e responsabilità, la mia percezione è che una donna debba sempre dimostrare di essere all’altezza, che debba sempre fare uno sforzo in più rispetto ad un uomo; e questa è solo una questione di pregiudizi, che ci portiamo ancora dietro a livello sociale e non c’è molto da fare se non cercare di abbatterli.

Quale consiglio si sente di dare alle ragazze che amano le materie STEM e vorrebbero intraprendere questa strada ma hanno ancora incertezze e timori?

Credere in loro stesse, perché non c’è nulla che una donna non possa fare se lo vuole e se le piace. Sono cintura nera di karate, guido una moto da 800cc e sono ingegnere: ho conseguito questi traguardi perché ci ho creduto, ma soprattutto perché ho seguito le mie passioni. Poi naturalmente ci vuole l’impegno, ma come si dice “no pain, no gain”.